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mercoledì 22 giugno 2016

L’Italia invecchia. È un vecchio stivale col tacco rotto

Alle elementari abbiamo appreso che l’Italia è simile ad uno stivale e che la Puglia ne rappresenta il tacco. Crescendo abbiamo cominciato a conoscere la realtà italiana meno nella gioia e più nel dolore. Ma oggi c’è qualcosa la cui entità surclassa la crisi economica. Ai nostri occhi appare come una conquista, ma è un danno elegante. 
L’Italia invecchia. È un vecchio stivale col tacco rotto
Per spiegare il fenomeno mi appello a una scienza che per sua natura non indugia e le cui sentenze hanno poco a che fare con l’indulgenza. Si tratta della demografia, una disciplina che studia quantitativamente la popolazione vertendo sulla statistica e sulla matematica applicata. Gli esiti delle ricerche demografiche forniscono a governi e istituzioni pubbliche e private informazioni importanti per la programmazione degli interventi relativi a vari ambiti. Se ascoltata e accompagnata al buon senso risulterebbe infallibile. Dal 1926 l’Istituto Centrale di Statistica (Istat) costituisce il principale produttore di statistica ufficiale a supporto dei cittadini e dei decisori pubblici. Il rapporto annuale del 2012 ha prospettato le tendenze demografiche tra cui l’invecchiamento della popolazione: attualmente si contano 144 persone dai 65 anni in su per ogni 100 con meno di 15 anni. Nel 1992 questa proporzione era di 97 a 100. L’aumento dell’incidenza della popolazione anziana dipende dall’allungamento della vita media. Questo minaccia la sostenibilità dei sistemi previdenziali. Questo rende la penisola un paese vecchio in cui vale la gerontocrazia (potere detenuto dagli anziani). Questo pone un freno all’imposizione dell’Italia nello scenario imprenditoriale internazionale. Questo rende marginale la quota di giovani che formano il segmento tra i 15 e i 39 anni. Questo non fa onore al paese. A nulla vale la carriera accademica di un docente che si è impegnato nell’esaltazione di sé senza intuire che avrebbe dovuto trasmettere parte del suo metodo a un discepolo che ne avrebbe degnamente proseguito il lavoro. Alcuni signori in età senile esclamano «il futuro è dei giovani». È l’espressione dell’egoismo perché il futuro è un tempo che deve ancora giungere, ma occorre coraggio per sostituirlo con «presente». Ricordiamo che l’allungamento della vita media riguarda la media aritmetica e non la durata standard della vita. È pari a 79 anni per gli uomini e 84 per le donne. Pertanto la locuzione «la vita è breve» non deve finire nel dimenticatoio. Accogliete il giovane meritevole che cerca un’opportunità; la sua esistenza non è infinita.
Tutto questo fa dell’Italia nient’altro che un vecchio stivale col tacco rotto. 
Da “La Gazzetta del Mezzogiorno”, 29 ottobre 2012, p. 14.

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