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domenica 23 novembre 2014

“Resto umano”. Tratto da una storia vera

     Anna Paola Lacatena, Resto umano. Storia vera di un uomo che non si è mai sentito donna, Chinaski Edizioni, Genova 2014, pp. 174, euro 14,00.
     L’opera propone la ricostruzione di una storia vera. In realtà raggiunge obiettivi decisamente elevati. Partendo dalla dimensione del ricordo dell’autrice si giunge a rivisitare l’intera dimensione dell’infanzia della/del protagonista. Con la generosità propria dei racconti di vita la storia a noi donata, con spirito di profonda immedesimazione, rappresenta un prorompente stimolo alla sensibilità e alla tolleranza. Esattamente quello che occorre ad una società, come quella odierna, tanto avanzata quanto arretrata poiché preda dell’omofobia e della transfobia.
     Il testo è ripartito in due sezioni: una biografica, ma pregna di immedesimazione, ed una dedicata agli approfondimenti tematici frutto di una ricca bibliografia.
     Anna Paola si ritrova a scrivere di ciò che non ha vissuto personalmente. Un’occasione dalla duplice valenza di onore ed onere allo stesso tempo. Ma la rara virtù dell’immedesimazione che evidentemente caratterizza l’autrice, l’ha condotta a stilare un percorso identitario che un giorno potrà rivelarsi salvifico per qualcuno.
     La tematica affrontata è quella dell’identità, la cui costruzione trova la sua culla nel delicato periodo dell’infanzia, quel periodo di vita che col trascorrere degli anni si fa sempre più sfocato e a tratti quasi nitido. È in quel passato che ci ritroviamo a cercare risposte. Tutto ha origine nell’infanzia. Le esperienze dei primi anni di vita possono avere conseguenze sull’intera esistenza. Quell’infanzia che transita rapidamente è incastonata, suo malgrado, in un preciso ambiente educativo che ci lascia in dote la zavorra di ricordi ed impressioni indelebili, per sempre interiorizzate.
     L’infanzia può essere negata. Allo stesso modo l’identità può essere indefinita.
     La sessualità costituisce una componente identitaria, socialmente riconosciuta, che spesso entra in contrasto con la dimensione interiore. Michela esteriormente e Miki interiormente. È il destino a compiere di questi errori che sembrano tanto simili a dispetti? E a quale regista spetta l’attribuzione dei ruoli? Ci si può liberare da un ruolo assegnato se esso si rivela conflittuale rispetto alla parte più profonda di sé? Apparenza ed essenza sono colleghe che operano su livelli gerarchici differenti. E il genere si pone tra di esse esprimendo identificazione ed appartenenza. L’armonia è d’obbligo. Se manca va ricercata.
     Tra gli anni ’70 e ’80 del Novecento si sono susseguiti i gender studies (studi di genere) che hanno preso in esame il tema del transgender. Si sono attuate anche numerose transizioni sessuali configuratesi come ripicca verso la vita ricevuta in dono. La verità è che nessuno studio o resoconto medico ha mai saputo dar voce al dolore interiore, a quell’agonizzante identità racchiusa in un corpo che non le appartiene. L’evasione da sé è un bisogno spontaneo ed immediato. Una reazione che ha bisogno di incontrare un soccorso affinché non vada smarrita la propria identità.
     L’omofobia, la transfobia, l’aberrazione sessuale sono divenute parole di uso comune che lasciano trasparire la massima intolleranza nei confronti di una realtà che siamo invece chiamati a conoscere e comprendere.
 

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