Recensione: Giovanna
Da Molin, Storia sociale
dell’Italia moderna, Editrice La Scuola, Brescia 2014, pp. 313, € 21,50.
Negli anni ’30 del Novecento la storiografia tradizionale ha
subito una rivoluzione. Dall’influenza esercitata da Marc Bloch la storia è
divenuta incontro di stimoli derivanti da altre discipline: geografia,
demografia, antropologia, psicologia, sociologia, statistica, economia,
medicina. È così sorta una fioritura di studi ed indagini orientate verso
percorsi di ricerca fino ad allora inesplorati. È nata la storia sociale,
rinnovata nel suo modo di narrare il passato. La storiografia degli eventi
politici e militari ha ceduto il passo ad un modello di storia che analizza gli
aspetti di vita sociale e focalizza l’attenzione sull’uomo.
Ora le discipline si fondono e le fonti si intrecciano in un
ampliamento storiografico che coinvolge documenti ecclesiastici, notarili, fiscali,
giudiziari, letterari, iconografici, privati.
Gli scavi archivistici risultano pregni di sfumature che
portano all’attenzione degli studiosi nuove tematiche: infanzia, alimentazione,
condizioni abitative, emarginazione, indigenza, cultura di genere. Ma il pregio
più grande che si deve alla storia sociale è l’aver strappato dall’anonimato
storico la vita di intere comunità.
L’opera intende riproporre l’itinerario di storia sociale
della Penisola italiana d’età moderna. Il viaggio inizia prospettando
quantitativamente l’evoluzione demografica della popolazione italiana
evidenziandone i meccanismi demografici di ancien
régime. Segue l’analisi degli stili
di vita legati alle condizioni igieniche e alimentari. Lo stato di salute era
costantemente minato dalla mancanza di igiene e dagli scompensi nutrizionali
che esponevano a gravi malattie come la pellagra.
In età moderna si conviveva con carestie e terribili
flagelli endemici ed epidemici che accentuavano la caducità della vita. Malaria,
peste, colera, tifo, tifo petecchiale, vaiolo, sifilide smorzavano senza
differenze sociali le esistenze umane e l’epoca dei vaccini era ancora agli
albori.
Maggiori informazioni interessano la famiglia: struttura,
ampiezza, personale di servizio, sfera dei sentimenti, devoluzioni
patrimoniali, conflitti, violenze, relazioni familiari tra autorità e affetto.
Si apre un varco sulle professioni: antichi mestieri, mobilità generazionale,
la figura del notaio, le condizioni di vita nei ceti abbienti.
È possibile esaminare le usanze nuziali, i contratti
matrimoniali e la costituzione della dote, garanzia dell’epilogo del nubilato.
La storia sociale consente di scoprire il percorso devozionale che portava alcune
donne ad intraprendere la vita monastica.
La storia dell’infanzia è il segno di una storiografia
profonda che coglie ed accoglie il valore del bambino nella società. Ma è
l’infanzia abbandonata a costituire i capitoli più commoventi della storia
sociale dell’Italia moderna. Gli archivi degli istituti assistenziali aprono un
varco sul fenomeno dell’abbandono: dalla ruota degli esposti ai messaggi inseriti
tra le fasce, dal baliatico alla vita in istituto, dalla formazione al lavoro
alla vita oltre le mura dell’istituto.
Il lettore affronterà un viaggio nei secoli dell’età moderna
alla scoperta delle tonalità sociali quotidiane del nostro passato.
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