Translate in your language

venerdì 23 febbraio 2018

La misteriosa scomparsa dei beni culturali

     Esiste un’urgenza che è avvertita nel campo dell’istruzione nel terzo millennio. L’allarme sociale è scattato in molti, anzi, troppi ambiti uno dei quali riguarda la conservazione dei beni culturali. Se la storiografia si è potuta espandere nel corso del tempo è merito degli Archivi e delle Biblioteche custodi di un ampio repertorio di materiale storico che può fornire agli studiosi uno spaccato delle epoche che furono, arricchendo sia gli studi di macro che quelli di micro storia.
Beni culturali Silvana Calabrese
     Il fronte della ricerca può vantare la presenza di una nuova generazione di studiosi. Questi si recano nei luoghi della memoria in cerca di antichi manoscritti che li condurranno a nuove scoperte o semplicemente al ritrovamento di tasselli che ben si inseriscono nel panorama storiografico.
     Sono ancora giovane, ma credo di poter affermare che non esiste nulla di più entusiasmante degli scavi archivistici. Così come posso sostenere che non v’è nulla di più esecrabile dei tagli attuati ai danni dell’istruzione, della ricerca e della conservazione dei beni culturali.
     I documenti che si possono reperire in archivio sono riconducibili a numerose tipologie, ma tutti antichi e preziosi poiché rappresentano le ultime tracce lasciateci dal passato. Mappe, cabrei, pergamene, incunaboli, catasti, atti, manoscritti rari e in unica copia costituiscono solo una parte del ricchissimo patrimonio culturale di cui il nostro paese è custode. Si tratta di materiale risalente a secoli lontani, si tratta di fonti scampate ad incendi, saccheggi e guerre. Hanno resistito allo scorrere inesorabile del tempo e all’incuria di chi li ha custoditi in precedenza. Oggi rischiano di scomparire per sempre a causa di decisioni governative che operano dei tagli pesanti, minando così le risorse utili al restauro di molti documenti deteriorati dal tempo, dall’umidità o dai tarli della carta.
     Questa realtà non può e non deve lasciarci imperturbati. È ora che l’Italia si decida a bandire gli sprechi concreti, che acquisisca la virtù della parsimonia e che non permetta alle fonti documentarie di sparire come se si trattasse della visione spettrale di un ectoplasma. Preserviamo la nostra memoria collettiva, ci occorre per mantenere integra la nostra identità sociale. 
     Da “La Gazzetta del Mezzogiorno”, 28 aprile 2016, p. 32. 

Nessun commento:

Posta un commento