On.le Luciana Lamorgese,
mi appello alla sua carica per portare alla conoscenza la
mia recente esperienza. Nella notte del 6 marzo u.s. da Valenzano è stata rubata la vettura di mia madre, una Fiat Panda del 2010 targata EC352LS che
era provvista di scatola nera, disabilitata con un jammer. Mia madre aveva passato la
notte a vegliare su una parente reduce da un intervento cardiaco ed il mattino
dopo non era più in possesso dell’auto. Sotto choc ha dovuto attendere l’apertura
della caserma locale dei Carabinieri per sporgere regolare denuncia.
Trascorse cinque
settimane abbiamo ricevuto la telefonata del Maresciallo Fo******o
operante a Grumo Appula: dei contadini segnalavano la
presenza di una scocca.
Su mandato della Stazione CC era stata rimossa e collocata in un deposito come
previsto dalla legge al fine di non deturpare il volto cittadino/rurale. L’ufficiale ha molto insistito affinché ci si recasse a
firmare l’atto di restituzione senza volerci indicare il numero di telaio
rilevato (richiesta da me avanzata più volte) o l’ubicazione precisa né
della caserma né della depositeria o il da farsi amministrativo che ci
spettava in seguito.
Siamo state costrette
a spostarci da Bari di circa 25 km attraversando diversi
comuni in piena quarantena per Coronavirus (avevo esposto il mio stato
di apprensione al Maresciallo). Abbiamo dovuto farlo al più presto per il
timore che le spese di
deposito divenissero insostenibili poiché a tariffazione libera. Un deposito, premetto che ci era stato
garantito convenzionato Aci, ma che
si è rivelato appartenere a un privato,
per di più di un altro comune (Binetto).
Due donne sole, mia madre ed io, deperite fisicamente e
devastate moralmente non solo dal furto in sé ma anche dalla notizia dello
stato nel quale l’ex vettura versava, una carcassa
cannibalizzata, priva di targhe, con
il parabrezza distrutto con sassi o spranghe e il motore reso inutilizzabile da
un acido corrosivo abbandonata in un angolo sperduto di quelle campagne.
Era
l’auto acquistata a costo di sacrifici, il mezzo del quale mi ero presa cura
personalmente con tagliandi annuali e revisioni periodiche per esprimere
collaborazione domestica, ma soprattutto i pagamenti previsti dalle normative
vigenti sono sempre stati conferiti con puntualità. Eppure non ci
apparteneva più.
Giunte sul posto, ulteriori problematiche hanno contribuito
a rallentare la fine di un’agonia: il maresciallo aveva rilevato male il numero
di telaio (circostanza che si evince dall’atto di notifica).
Sempre sole e abbandonate a noi stesse abbiamo raggiunto la
sede del demolitore e ci siamo rese conto di una realtà sconvolgente: è una
particolarità dell’entroterra pugliese il vantare vaste porzioni di campagna in cui non è
difficile incorrere in mini discariche a cielo aperto. Non vi è alcuna sorveglianza aerea (con
elicotteri o droni) volta a scoraggiare il consumarsi di atti criminali o lo
smembramento di vetture rubate con conseguente abbandono. La natura non deve
asservire la criminalità organizzata.
Questa vicenda segnerà per sempre la mia esistenza, ma quel
che è peggio è che ha acuito in me una certezza: le forze dell’ordine non tutelano i cittadini e
non si adoperano per assicurare alla giustizia i colpevoli. Ho fatto esperienza
della noncuranza
con cui i casi di criminalità vengono trattati, l’ilarità con la quale perfino gli operatori del 112
e 113 si sono rivolti a me. Ed è inconfutabile che pur essendo vittima di una
pesante violazione, la legge prevede che io mi sia sobbarcata le spese di
recupero, rimozione, deposito e demolizione della carcassa come se fossi io
responsabile dell’abbandono di quel rifiuto speciale. I veri attori del reato sono liberi di
reiterare, giorno dopo giorno e se catturati vengono prontamente rilasciati
dalla magistratura secondo quanto dichiarano gli stessi carabinieri.
Ho subito una perdita ingente. Una spesa ingiusta ed imprevista pesa sulle mie
deboli entrate ora inesistenti data la recente perdita del mio umile impiego.
Questi reati, ormai considerati la norma, sono agevolati da scarsi deterrenti e
da misure punitive pressoché inesistenti.
Agli occhi di un profano, lascia poi largo ai dubbi la tempistica dei ritrovamenti:
quasi tutti a distanza di un mese esatto, sempre localizzati nelle aperte e sperdute campagne,
luoghi privilegiati in cui nessuno vede, nessuno è mai testimone del fatto
mentre esso si consuma e si potrebbe prevenire, ma sempre e solo dopo, quando
ciò che resta è una carcassa
devastata in ogni sua parte tranne che nella porzione di telaio che ne riporta il numero identificativo ed
è comodo rintracciare lo
sventurato proprietario al quale presentare resti amorfi ed un amaro conto pecuniario.
Per me non solo non c’è tutela, ma neppure la speranza di
condurre una vita serena.
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