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giovedì 24 agosto 2017

L’infanzia emarginata a Lucca nell’Ottocento

     Recensione: Maria Federighi, Dall’abbandono all’assistenza. L’infanzia emarginata a Lucca nell’Ottocento, Cacucci Editore, Bari 2013, pp. 347.
     Chiunque viva in un Paese sviluppato dove costantemente aleggia il consumismo ha modo di osservare un certo tipo di infanzia, l’infanzia inflazionata. Ma se l’osservatore volgesse il suo sguardo all’indietro, di almeno due secoli, scoprirebbe quanto quella stessa fase della vita che oggi è contornata di affetti ed eccessi fosse invece immersa nell’emarginazione e nell’abbandono. Tuttavia in passato i meccanismi assistenziali attenuavano la durezza di un’esistenza da orfano o esposto.
Maria Federighi Dall'abbandono all'assistenza Lucca Silvana Calabrese
     L’autrice ha condotto ricerche di alto tenore scientifico che proiettano quasi con precisione millimetrica il lettore nella città di Lucca nell’Ottocento.
     Un viaggio nel tempo alla scoperta o riscoperta del fenomeno dell’abbandono.
     Un itinerario all’interno delle pagine più toccanti della storia moderna.
     Un percorso che non regge il paragone con il presente, perché la storia non effettua analisi contrastiva, ma che ha il potere di indurre alla riflessione non senza destare commozione.
     L’abbandono ha radici profonde e cominciamo ad averne notizie certe e documentate solo nei secoli dell’età moderna. Ne consegue un lavoro di esplorazione di carte d’archivio per ridare luce alle vicende quotidiane di quell’insieme di individui deboli e bisognosi.
     Dopo l’Unità d’Italia a Lucca gli istituti preposti ad accogliere questa porzione di popolazione erano l’ospedale di San Luca e la Pia Casa di Beneficenza. Questi stabilimenti diventarono qualcosa che andava oltre la semplice struttura fino a sostituirsi alla famiglia che aveva abbandonato un figlio o un membro più adulto. Si trattava di una grande famiglia che si occupava del mantenimento dei più fragili provvedendone ai bisogni immediati e cercando di fornire loro delle possibilità di vita mediante strumenti utili per una futura realizzazione personale, affinché anche il bambino che in una notte lontana e fredda fosse stato abbandonato, ignudo o quasi, in una ruota degli esposti o sulla soglia del portone di un istituto potesse crescere e diventare un giovane di grandi speranze. Il loro destino era molteplice: l’elevata mortalità infantile ne stroncava la triste vita prima dei cinque anni; una vita senza affetti ne determinava un futuro da accattoni o da delinquenti; ma vi era anche un gruppo di individui che riusciva a riscattarsi, si affermava nella vita sociale e lavorativa e mostrava gratitudine verso l’istituto nel quale aveva trovato un ricovero, un rifugio. Della fortuna di cui erano stati o direttamente artefici o beneficiari casuali, vi è traccia nei documenti: persone adulte che non avevano dimenticato il passato inviavano somme di denaro accompagnate da scritti pieni di riconoscenza. Se ancora nessuna lacrima lambisce il vostro volto, pensate alla miseria, alla povertà, ad un’infanzia relegata ai margini della società civile; a una fanciullezza priva di tutela e sostegno familiare. Sono tutte costanti che non hanno mai risparmiato l’infanzia. Questa delicata questione sociale fu fronteggiata da una pluralità di istituzioni assistenziali sia religiose che laiche.
copertina Lettera Internazionale Silvana Calabrese
     L’opera lascia trasparire precisione metodologica preceduta da un capitolo sulla storia della pratica dell’abbandono e dell’istituto toscano, la Pia Casa di Beneficenza. Tale analisi diacronica è propedeutica all’interrogazione attenta delle fonti quali i registri di ammissione e i fascicoli personali dei bambini assistiti. Viene delineato il profilo socio–demografico degli assistiti dalla Pia Casa di Beneficenza di Lucca e descritti i modi e i tempi del vivere quotidiano dentro le mura dell’istituto. Caposaldo delle politiche assistenziali è la formazione al lavoro e l’autrice esamina i modelli educativi uniti ai percorsi di inserimento sociale. Non meno importante è l’argomento della salute del minore, capitolo in cui si focalizza l’attenzione sulla tutela e sulla cura delle malattie. Poiché i documenti che registravano l’ingresso dei piccoli recavano anche informazioni sui genitori, si può richiamare il quadro sociale e professionale della famiglia d’origine. Rari ma non del tutto assenti sono i casi di riconoscimenti del figlio esposto con conseguente ricongiungimento.  
     Affascinante è la ricostruzione del destino sociale che attese i più piccoli. 
     La recensione è apparsa su «Lettera Internazionale», Rivista trimestrale europea, Edizione italiana, III trimestre 2013 N. 117, Arti Grafiche La Moderna, Roma 2013, p. 54.

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