Translate in your language

venerdì 18 maggio 2018

Misure e contromisure in situazioni di «mobbing»

Silvana Calabrese blog La scorribanda legale
Mobbing, mobber, mobbizzare non sono lemmi sportivi bensì indicatori di una purulenta piaga sociale. Per dirla in termini da aperitivo è come shakerare energicamente angherie, vessazioni, emarginazione, umiliazioni, ostracismi ed offrirli a una sola persona. La strategia prevede che un gruppo di mobbers metta in atto comportamenti molesti al fine di mobbizzare un individuo, il mobbed. Coniato negli anni ’70 nell’ambito dell’etologia (ramo della psicologia che studia i caratteri, ma anche scienza che studia il comportamento degli animali) il termine si è trasferito dal regno animale a quello sociale come vuole la radice «mob» che sta a indicare la folla in tumulto in senso spregiativo. Chi lo attua ricerca il sostegno di altri individui affinché la violenza psicologica perpetrata ai danni della vittima risulti prorompente. Coloro che prendono l’iniziativa, mi piacerebbe dire che «non sanno quello che fanno», sono privi di integrità morale e consci della propria staticità mentale tanto che negli anni hanno affinato la malvagità. Questa è l’unica direzione verso cui sono stati in grado di canalizzare le loro energie. Questa subdola pratica persecutoria ha la funzione di indurre l’oppresso a rassegnare le dimissioni oppure determinare nella stessa persona un calo della produttività tale per cui il licenziamento sarà inevitabile. Le vittime hanno un bersaglio appeso al petto perché creativi, capaci, onesti, diligenti. Nell’ambito della scuola avviene da parte dei compagni o «dall’alto» se praticato da un insegnante mediante giudizi ingiustificatamente negativi. Prego i lettori di non travisare queste ultime parole. Si può praticare anche in famiglia nei casi di separazione quanto vengono sabotati i rapporti generazionali. Il mobbing può causare seri problemi di salute di natura psicosomatica, poiché incide sulla possibilità di adattamento e sul livello di autostima. Lo stress aumenta e ci si sente isolati e depressi. A questo stato d’animo si aggiunge una bassa resa professionale (nei casi peggiori) o una demotivazione crescente. Chi soggiace a queste violenze non riesce a fornirsi una spiegazione razionale e finisce col convincersi di avere in sé qualcosa di errato. Non è così. Diventate guerrieri, organizzatevi per resistere, non pensate nemmeno per un secondo di abbandonare la scena o vi precluderete il momento del riscatto. Non cedete, non vi isolate, anzi rinsaldate i rapporti umani con i vostri cari, ma non confidatevi troppo o correrete il rischio di essere paragonati a dei paranoici e rimanere soli sul serio.
Il più delle volte i mobbers non sono altro che banali provocatori che vogliono indurvi a reazioni incontrollate. La soluzione è mantenersi calmi e lucidi osservatori di una situazione nella quale si può ricorrere a vie legali anche se in questo caso vi si prospetteranno le famigerate lungaggini giuridiche. 
Da “La Gazzetta del Mezzogiorno”, 22 aprile 2013, p. 14.

Nessun commento:

Posta un commento