Recensione: Silvana
Calabrese, Theatrum mundi. Sbarco
sulla Luna, Aracne Editrice, Roma 2011, pp. 200, € 14.
Dopo averci condotto alla scoperta dei misteri peculiari del
Ventesimo secolo con Tutti i misteri sono risolti, nuovamente, quasi senza che ce ne accorgessimo, Silvana Calabrese
ci prende per mano e ci scorta in un altro mondo noto a tutti, quello della
sfera mediatica. È molto giovane, ma si presenta come una turbolenza,
l’autrice. Ancora una volta ha scelto un titolo d’impatto, Theatrum mundi. Sbarco sulla Luna, e così, pur non trascinando il
lettore in un percorso, lo avvolge ugualmente.
Non impone le sue idee, ma governa precisi contesti con la
forza della coerenza e del raziocinio. Non discrimina il suo lettore perché
intende raggiungerne numerosi con la sua tecnica espositiva: narra un
determinato evento storico, scientifico e mediatico con la leggerezza con la
quale i genitori leggono le fiabe ai propri figli, spalancando loro nuovi mondi
possibili.
L’autrice ha conservato, fin dalla sua prima pubblicazione,
l’abitudine a realizzarsi la copertina da sé. È forse il primo passo per
annullare la «quarta parete» tra chi scrive e chi legge; oppure è il suo modo
di porsi come pilota in ogni situazione, includendo la responsabilità che
l’atto stesso del pilotare comporta.
Come anticipa la locuzione latina «Theatrum mundi», teatro e
mondo sono due luoghi deputati alla messa in scena di finzioni. Ciascuno prende
in prestito qualche elemento dal repertorio dell’altro atelier. E così in copertina abbiamo modo di osservare un sipario
rosso su di uno sfondo nero, e in primo piano parzialmente sovrapposte appaiono
le due foto storiche dell’allunaggio del 1969. L’impressione che si avverte è
la stessa suscitata dalle vecchie fotografie, abili evocatrici di ricordi
forti, incisivi, incastonati ormai nella linea del tempo. Infatti lo sbarco
dell’uomo sulla Luna è stato un grande evento per l’umanità. Qualcuno di noi
era poco più che un infante all’epoca dei fatti e si ricorda l’atmosfera che
aleggiava nelle proprie abitazioni fin dalla settimana dei preparativi
annunciati dalla televisione, ma anche dalla radio e dai giornali. Ed è proprio
dalle pagine ingiallite dei quotidiani del tempo che la Calabrese ha attinto la
linfa necessaria a rievocare quelle stesse sensazioni ed emozioni, ma anche il
germe del dibattito in merito alla veridicità dello sbarco e della fattibilità
tecnica della missione Apollo.
La giovane autrice, come recita la sua nota biografica in
quarta di copertina, è dotata di un’inappagabile curiosità, ma non è l’unica
particolarità: fin da bambina dimostrava una propensione per il mondo delle
scienze e pare che laureandosi presso il nostro corso di Comunicazione e
Multimedialità le sia stato possibile ricongiungersi con la sua passione ancestrale.
Durante le sue ricerche ha cominciato a immaginare gli
articoli degli anni Sessanta come un portale aperto su un altro periodo
storico, come l’unico varco per riscoprire le infinitesimali discrepanze della
nostra storia unite alle dinamiche attraverso le quali la società in cui
viviamo si è evoluta.
Tappa dopo tappa, infatti, sono i media ad aver posto in
rilievo l’evento più grande e affascinate di tutti i tempi, il media event meglio allestito che si
possa analizzare. L’opera, che si avvale di una bibliografia assortita, ci
accompagna dietro le quinte dei mass media.
La prima lezione che la Calabrese ha imparato proprio all’Università è
che un evento va contestualizzato per poter essere compreso, lo dimostra l’aver
dedicato un intero capitolo al contesto storico cui segue una descrizione del
programma spaziale sovietico, del programma spaziale americano preceduto dalla
sfida proibitiva di J. F. Kennedy. Ma l’autrice dedica anche attenzione alla
capacità profetica della fantascienza di Jules Verne, alla reminiscenza con La guerra dei mondi, la lettura
radiofonica che generò il panico tra gli ascoltatori, al sospetto suscitato
dalla trama del film Capricorn One.
Dei metaforici riflettori sono puntati sulle foto che occupano una ricca appendice
fotografica a colori e che subiscono una metamorfosi da prova del successo a
capo d’accusa. A seguire si dà spazio alle incongruenze scientifiche della
missione e alle emblematiche figure legate al coronamento di uno dei sogni
dell’umanità: Nixon, Von Braun e Disney.
Il capitolo che le consente di mettere a frutto ciò che il
suo corso di laurea le ha trasmesso è quello che permette di vedere il tutto
«attraverso la lente mediatica», nel quale l’iniziale gergo tecnico cede il
posto alle parole desunte dagli articoli di Indro Montanelli, Wernher Von
Braun, Alberto Moravia, Eugenio Montale, Dino Buzzati, Giorgio Bocca, Oriana
Fallaci.
Una nota di pregio va rivolta alla casa editrice Aracne e al
comitato scientifico della collana Puzzle – Media e Politica, che «si propone
di dare visibilità alle idee e alle opinioni di giovani studiosi che si
confrontano con la dimensione mediatica proprio come in un gioco di pazienza a
incastro».
Un breve encomio anche all’autrice, al suo nuovo progetto,
nel quale ha creduto fermamente e al tempo stesso ha sottoposto al ferreo
vaglio di un comitato. Raggiunto un obiettivo solleva di una tacca
quell’immaginaria staffetta come fanno gli energici atleti che praticano il
salto in alto.
La recensione, a firma di Teresa Carbonara, è apparsa sul
Quadrimestrale di letteratura ed altro «La Vallisa», numero 94, pp. 134–135.
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