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giovedì 28 dicembre 2017

L’Inter, sofferenza continua per giungere alla vittoria

Un cantico per l’Inter
Inter: cantico o coccodrillo? Nel 2003 composi un breve testo intitolato «Semplicemente Inter»: «Inter, Inter, è quella squadra che fa soffrire chi la tifa, è la squadra dei colpi di scena, in grado anche di battere i campioni d’Italia o i temibili rosso-neri e magari perdere contro la Samp (alludevo al 7° Trofeo Birra Moretti disputato l’8 agosto 2003 e al Trofeo Tim). Ma dal 1908 ha saputo raccogliere migliaia di tifosi e giocare partite memorabili. Ha dovuto subire la perdita di alcuni grandi campioni guardando sempre avanti. Aspettiamo con ansia l’atteso scudetto nero-azzurro, forza Inter». Proviamo col cantico, un componimento poetico-lirico dal contenuto civile e accantoniamo per un momento l’idea del coccodrillo, un tipo di articolo che si pubblica in caso di scomparsa di un personaggio famoso.
Inter squadra calcio Silvana Calabrese - Blog
Cominciamo dai colori: il nero perché il destino è ignoto, l’azzurro perché la grandezza del cielo elimina confini e dubbi per chiunque abbia voglia di sognare. È il 9 marzo 1908 quando da una «fuga dal Milan», prende vita l’Internazionale o …semplicemente Inter.
 Nata sotto il segno dei pesci, è sensibile e vulnerabile e risente delle influenze dell’ambiente che la circonda. Lo zodiaco le attribuisce grandi energie che però non sempre riesce a incanalare correttamente a causa della sua natura incerta e diffidente che le impedisce di raggiungere nell’immediato i risultati ambiti. Un’indole paziente permette ai nati nel segno di sopportare le sofferenze. Ma vi è un simbolo del segno che rompe le convenzioni: la capacità di effettuare rapidi cambiamenti di rotta o finali a sorpresa, totalmente insperati.
Talvolta interpellare gli astri serve a farsi una ragione di ciò che accade, ma esistevano già degli indizi validi. L’inno ufficiale, «C’è solo l’Inter» recita parole chiare: «cosa c’è di meglio di una continua sofferenza per arrivare alla vittoria». Ancora più esplicito è il messaggio di «Pazza Inter», una canzone cantata nel 2003 dagli stessi giocatori negli studi della RTL 102.5: «Non fateci soffrire, ma va bene vinceremo insieme, amala! Pazza Inter amala!». È evidente che tifare per l’Inter implichi il compromesso della sofferenza, prendere o lasciare. 
Da “La Gazzetta del Mezzogiorno”, 11 maggio 2011, p. 24. 

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venerdì 22 dicembre 2017

Preserviamo i nativi digitali dall’eccesso di tecnologia

     Videogiochi e scuola? L’unica possibilità di sottrarre la scuola al suo torpore. Era l’opinione di un docente universitario riportata da «Avvenire» già nel 2009. Il torpore della scuola si deve alla sempre più scarsa professionalità dei suoi dipendenti. Il valore dell’istruzione è andato smarrito da tempo e si ritiene che una manciata di bit possa agire come una polvere magica.
Bambini nativi digitali Silvana Calabrese Blog
     L’articolo proseguiva con il solito alibi del salto generazionale che separa gli adulti dai giovani “nativi digitali”. In realtà questo slogan si è impresso nel nostro linguaggio troppo in fretta, come un’etichetta che ci risparmia la fatica di capire meglio il contesto nel quale ci ritroviamo ad operare. Ogni epoca ha avuto i suoi strumenti, con il cui ausilio, il genere umano è riuscito in imprese che i suoi avi non potevano immaginare. Pertanto in ogni generazione si può far leva su una scoperta maggiore rispetto alle precedenti ma inferiore se rapportata a quelle che verranno. Non intendo negare le enormi potenzialità del web, ma esso costituisce sia una ragnatela di infinite opportunità di conoscenza e sia un dedalo nel quale smarrirsi per sempre. La dimostrazione di quanto affermo deriva da alcune vicende da me direttamente osservate nei bambini di scuola elementare. Sono dei “nativi digitali”. La loro scrivania è scarna di oggetti, ma sono muniti del personal computer cui è collegata una stampante laser a colori. La tecnologia è nelle loro mani. Sono candidati a diventare i futuri premi Nobel grazie alle possibilità a loro concesse.
     Divaghiamo un momento con un esempio che disegnerà un sorriso sui volti dei lettori. Chiunque sia in possesso di una semplicissima penna a sfera, una biro, una vecchia scoperta–invenzione alla quale non diamo più peso, potrebbe scrivere affrontando qualunque argomento. I suoi scritti rimarrebbero impressi su carta perché la memoria, si sa, è più debole. Dunque la penna è uno strumento con un suo potenziale. Ma se chi la possiede non è in grado di toglierle il tappo, quello strumento sarà totalmente inefficace. Allo stesso modo un infante necessita innanzitutto di affinare le proprie capacità manuali e intellettive prima di essere dotato di strumenti tecnologici. Chi studia con il pc acceso, ne viene distratto. È inevitabile. [Se non ci avete fatto caso, è grave quanto un reato che come pena prevede l’ergastolo e non perché siete paleodigitali.] 
     Da “La Gazzetta del Mezzogiorno”, 27 aprile 2012, p. 28.

martedì 19 dicembre 2017

Dall’infanzia abbandonata all’infanzia inflazionata

Silvana Calabrese da bambina infanzia Blog
     A quale tipo di infanzia siamo abituati? Conosciamo, sia pur per cenni, qualche informazione circa l’infanzia dei secoli scorsi? L’infante odierno vive circondato da cure, affetti ed eccessi. È un’infanzia inflazionata. Nel 2007 in Italia sono state riproposte le ruote dei trovatelli, ma non si tratta di una novità, bensì di una realtà che affonda le sue radici nei secoli XII–XVIII. Uno dei capitoli più toccanti e drammatici della storia è quello dell’infanzia abbandonata che ha disseminato numerose tracce archivistiche. L’abbandono era un fenomeno che raggiunse connotati allarmanti. Era motivato da condizioni di miseria o disonore qualora le origini fossero state illegittime. L’istituzione della ruota, posta all’esterno degli orfanotrofi, fu l’unica possibilità di sopravvivenza per i figli non voluti, ignari delle proprie origini e proiettati verso un destino avente come unica certezza la vita in comune con gli altri orfani o trovatelli. Il fenomeno raggiunge apici di pathos quando elenchiamo i luoghi dell’abbandono: i più disparati dall’aperta campagna alle piazze. Dal luogo dell’abbandono traspare l’intenzione che il piccolo sopravvivesse, come nel caso di fagottini deposti vicino alle chiese per cui si sperava in un ritrovamento veloce. Diverso è l’abbandono in aperta campagna, luogo in cui il pargoletto sarebbe stato esposto a intemperie o all’attacco di animali e la sua morte sarebbe avvenuta nel giro di pochissimo tempo. Questo ragionamento porta ad affermare che il confine tra abbandono e infanticidio abbia contorni sfumati. Ma vi sono anche aspetti dolenti del distacco. Per le donne che trovavano nell’affidamento all’istituto l’unica possibile soluzione la separazione dal piccolo era dolorosa: a dimostrarlo ci sono piccoli bigliettini di carta inseriti tra le fasce e riportanti raccomandazioni e indicazioni che facilitassero un eventuale futuro riconoscimento. Altri segnali volti a rappresentare un legame con la famiglia di appartenenza sono frammenti di monete e carte da gioco tagliate a metà, una per il bambino e l’altra trattenuta dalla famiglia. Quel trancio di carta da gioco avrebbe, un giorno, garantito la parentela col piccolo e il suo recupero. Ma il riconoscimento, spinto dal desiderio ardente di ritrovare il proprio figlio, spesso veniva stroncato irreparabilmente dalla nefasta notizia della morte dell’infante.
     L’infanzia, un tempo così vulnerabile e trascurata ed oggi contornata da un eccessivo benessere. 
     Da “La Gazzetta del Mezzogiorno”, 29 novembre 2014, p. 20.

sabato 16 dicembre 2017

Intagli di frutta e verdura. Agrumi (arancia) decorati

Decorazioni con i prodotti della natura: 
Agrumi (arancia, limone o lime) decorati
Intagli frutta agrumi arancia decorata Silvana Calabrese - Blog
L'articolo fa parte della sezione "Intagli di frutta e verdura"
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domenica 10 dicembre 2017

I cani sono più civili dei loro padroni

“La scorribanda legale” ha la sua Web Tv

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giovedì 7 dicembre 2017

Gli uomini, il tempo e la polvere

     Recensione: Giovanna Da Molin – Angela Carbone, Gli uomini, il tempo e la polvere. Fonti e documenti per una storia demografica italiana (secc. XV – XXI), Cacucci Editore, Bari 2010, pp. 229.
     In apertura si accenna al boom demografico della popolazione mondiale, giunta a toccare i sette miliardi di persone e una disomogenea distribuzione territoriale. L’informazione desunta dal rapporto annuale del Population Reference Bureau di Washington costituisce un monito che induce la demografia ad occuparsi, anzi a preoccuparsi delle future capacità ricettive del globo che possono assommarsi in due macro categorie tra loro correlate: qualità della vita e tutela dell’ambiente. Riducendo la scala, osserviamo la realtà italiana investita, nel corso dei secoli, da profonde trasformazioni strutturali e di mentalità, che conferiscono un rilievo alla demografia contemporanea, le cui informazioni e previsioni risultano preziose al fine di coadiuvare la politica nella promozione di interventi socio–economici.
     Poiché presente e futuro non sono svincolati dal passato, bensì ne rappresentano la conseguenza, è fondamentale reperire e analizzare documenti e fonti d’archivio. La demografia storica ridona l’essenza alla vita e ai comportamenti degli individui del passato che hanno lasciato un segno sulla linea temporale e nella polvere, sia quella degli ambienti che facevano da sfondo alle vicende quotidiane e sia quella delle carte d’archivio.
     La demografia studia la popolazione, tutt’altro che un’entità statica perché soggetta a modificazioni che ne determinano il formarsi, il conservarsi e l’estinguersi. Il volume narra gli studi che hanno portato alla nascita della disciplina demografica che deve molto a un articolo di sole otto pagine di John Meuvret.
Da Molin Carbone Gli uomini, il tempo e la polvere Silvana Calabrese
     I luoghi della memoria, nomignolo pregno di significato attribuito agli archivi, custodiscono fonti di origine religiosa o civile, di stato o di movimento.
     Nel 1563 il Concilio di Trento rese obbligatoria e regolò la tenuta dei registri di battesimo e di matrimonio, mentre l’obbligo della redazione annuale degli Stati delle Anime e dei registri di sepoltura, da non confondere con quelli di morte, fu fissato nel 1614 con la Costituzione “Apostolicae Sedi” di Paolo V. Nonostante i limiti delle fonti, le modalità di compilazione dei documenti e le informazioni in essi contenute permettono lo studio dell’andamento dei fenomeni che coinvolgevano la popolazione nella sua evoluzione diacronica.
     Il lungo elenco di fonti storiche regala all’Italia il primato europeo: anche se redatto una sola volta nel Regno di Napoli, il Catasto Onciario resta una fonte prestigiosa perché indica i mestieri e contiene le dichiarazioni dei beni posseduti; le fonti notarili sono utili a ricostruire la devoluzione del patrimonio e i Capitoli Matrimoniali presentano la realtà della dote; il registro degli impediti a contrarre matrimonio e le deposizioni nei verbali dei processi conservano tracce della voce del popolo. La contestualizzazione delle fonti rimanda alle preoccupazioni destate da eventi catastrofici, ad esempio l’istituzione dei Calendari di Corte intendeva effettuare una verifica dell’ammontare della popolazione a seguito del famigerato “anno della fame”, il 1764. Le autrici esaminano le innovazioni derivanti dall’occupazione francese dei territori italiani e l’estensione del Code Napoléon che ha lasciato un’impronta indelebile per l’impianto dello stato civile e la produzione di fonti. Si elencano: il Tribunale misto, in seguito soppresso e sostituito dal Consiglio Generale degli Ospizi; il Regolamento ministeriale relativo al mantenimento dei projetti delle province; la Statistica Murattiana; lo Stato di Popolazione; il Ruolo Generale di Popolazione o Fogli di famiglia, germe della moderna anagrafe comunale. Degno di nota è il decreto napoleonico del 1811 che vieta l’attribuzione di cognomi infamanti agli esposti.
     A seguire si presenta un capitolo che ricostruisce un excursus della popolazione italiana in età moderna, profondamente segnata da guerre che, sia pur combattute con armi bianche non capaci delle devastazioni di una bomba atomica, costituivano un focolaio che avrebbe dato il via a devastanti ondate epidemiche. Si ricorda a questo proposito il tifo petecchiale, altrimenti detto malattia delle truppe in movimento per il suo elemento di trasmissione costituito dalla scarsa igiene che favoriva il proliferare dei pidocchi.
     Anche la lista delle malattie, per le quali non si conosceva eziologia, modalità di trasmissione e cura, è molto lunga: cito vaiolo, pellagra, malaria e colera. Eppure queste crisi di mortalità acute erano seguite da un naturale riequilibrio della popolazione che vedeva sbocciare il recupero dei livelli demografici per merito della ripresa della nuzialità, spesso tra vedovi, e della natalità.
     Qualcosa cambia a partire dalla seconda metà dell’Ottocento. I progressi in campo medico e sanitario, lo sviluppo economico e la costruzione di reti fognarie e idriche avviarono la transizione demografica in cui si verificò il passaggio da un regime demografico naturale a uno controllato. Nel corso del citato periodo si potè assistere a un incremento della vita media che mise in moto il fenomeno delle grandi emigrazioni dal paese. Inoltre si ridusse progressivamente il tasso di fecondità e al polo opposto si elevò l’indice di vecchiaia fino a giungere ai record che connotano l’Italia contemporanea.
     A portare alla luce la Toscana del Quattrocento mediante la ricostruzione della popolazione, costituita da circa 260.000 persone, è il Catasto Fiorentino datato 1427. Si tratta di un censimento avente per obiettivo la registrazione e la stima di beni al fine di stabilirne una tassazione. Tutte le possibili forme di ricchezza venivano inventariate e laddove la rendita fosse stata in natura, si provvide a realizzare un prontuario del valore monetario dei principali prodotti raccolti. È un catasto completo e laborioso, ma soprattutto attuale per il bisogno di scoprire gli evasori approntando una strategia di denunzia del prossimo incentivata da una ricompensa.
     Lo studio della popolazione del Regno di Napoli è resa possibile dalle numerazioni dei fuochi, una fonte civile e fiscale, la cui redazione risale al 1443 ad opera di Alfonso I d’Aragona. Il censimento ostiario era volto ad accertare il numero delle famiglie soggette al pagamento delle tasse.
     Le rilevazioni censuarie in Italia si effettuarono nel periodo post dominazione francese con riferimento a una rilevazione diretta, nominativa, universale e simultanea che oggi caratterizza il Censimento della popolazione. Il 1861 rappresenta uno spartiacque storico a partire dal quale lo Stato unitario avvertì la necessità di desumere informazioni statistiche che supportassero le scelte organizzative e di governo.
     L’opera ripercorre le generalità e gli scopi dell’organismo pubblico Istat che, oltre a immortalare la vita economica e demografica della penisola mediante il censimento, fornisce un’immagine dei temi sociali rilevanti attraverso le episodiche indagini multiscopo.
     Nel testo si prospetta la sfida della rilevazione della presenza straniera sul territorio italiano e gli escamotage adoperati dall’Istituto Centrale di Statistica per fronteggiare e limitare tale difficoltà.
Nella parte terminale del volume, le autrici si impegnano a rendere accessibili ai lettori Le misure della demografia, dedicando ampio spazio a due tipologie di appendici.
     Un’appendice metodologica spiega il gergo demografico seguito dagli indici di struttura della popolazione, che forniscono misure sintetiche dei fenomeni demografici, uniti a tassi generici e specifici volti a misurare gli eventi demografici.
     Infine un’appendice documentaria svela il fascino dell’esumazione dei documenti d’archivio. Vi sono le immagini di: registri di battesimo, atti di battesimo di figli legittimi ed esposti, registri di matrimonio, atti di matrimonio, registri di sepoltura, atti di sepoltura, stati delle anime, catasti onciari, registri di nascita, atti di nascita, registri di morte, atti di morte, Libro di Rota, ricevute di baliatico, atti di immissione negli Ospizi degli esposti, Regolamenti interni dei Conservatori, carte processuali della Corte d’Appello, Libri di introiti ed esiti, richieste di elemosina, documenti relativi alle malattie infettive e infine il frontespizio del foglio di famiglia del IX Censimento Generale della Popolazione del 4 novembre 1951. Una vetrina filatelica con l’insito potere di suggestionare il lettore stimolandolo nel desiderio di approfondire gli studi storici alla scoperta di dinamiche e vicende sociali, delle quali gli individui del terzo millennio sono figli. 
     La recensione è apparsa su «La Vallisa», Quadrimestrale di letteratura ed altro, anno XXXI, N. 92–93, Besa Editrice, Nardò (LE) 2012, pp. 127–129.

lunedì 4 dicembre 2017

Intagli di frutta e verdura. Il cactus del deserto con le zucchine

Decorazioni con i prodotti della natura: 
il cactus del deserto con le zucchine 
Se amate gli States o ne avete nostalgia e volete riprodurre un pezzo d’America a casa vostra potreste provare col cactus del deserto.
È un cactus di grandi dimensioni che cresce nel deserto dell’Arizona. Per la sua forma caratteristica viene denominato cactus a candelabro. È anche denominato Saguaro o scientificamente Carnegiea gigantea.
Ne ho realizzato un esemplare in scala ridotta con robuste braccia che ricordano un candelabro e delle infiorescenze. 
Ho utilizzato zucchine, carote e pomodorini. 
Cactus del deserto con le zucchine Silvana Calabrese - Blog
L'articolo fa parte della sezione "Intagli di frutta e verdura"
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venerdì 1 dicembre 2017

Il cane in casa ti cambia davvero la vita

Cane fedele amico uomo Silvana Calabrese
Chi non ha mai accolto un amico a quattro zampe tra le mura domestiche non ha la minima idea di quanto la propria vita potrebbe cambiare. Anzi, si tende ad allontanare dalla propria mente tale possibilità adducendo svariate ragioni quali la paura, l’igiene e il grande impegno che comporterebbe. È giusto ponderare a fondo questa decisione e ancor più corretto sarebbe trovare un equilibrio tra l’eccessiva cautela che impedisce di adottare un cane e la frenesia incontrollata ed irresponsabile che induce a procurarsene uno come fosse un giocattolo, oggetto di un repentino desiderio. Conferiamogli un’anima per meglio comprendere l’universo vitale che genera. Puoi esserne impressionato o impaurito, perché non abituato alla sua compagnia, ma un cane fin da cucciolo è un tenero essere che diventa presto inquilino del tuo cuore. Con ammirevole e bonaria prepotenza ti costringe a volergli bene, ad occuparti di lui che col tempo ti dimostrerà di essere il tuo più fedele amico. Il suo istinto gli suggerirà di proteggerti sempre. 
Da “La Gazzetta del Mezzogiorno”, 24 marzo 2015, p. 16.