A quale tipo
di infanzia siamo abituati? Conosciamo, sia pur per cenni, qualche informazione
circa l’infanzia dei secoli scorsi? L’infante odierno vive circondato da cure,
affetti ed eccessi. È un’infanzia inflazionata. Nel 2007 in Italia sono state
riproposte le ruote dei trovatelli, ma non si tratta di una novità, bensì di
una realtà che affonda le sue radici nei secoli XII–XVIII. Uno dei capitoli più
toccanti e drammatici della storia è quello dell’infanzia abbandonata che ha
disseminato numerose tracce archivistiche. L’abbandono era un fenomeno che
raggiunse connotati allarmanti. Era motivato da condizioni di miseria o
disonore qualora le origini fossero state illegittime. L’istituzione della
ruota, posta all’esterno degli orfanotrofi, fu l’unica possibilità di
sopravvivenza per i figli non voluti, ignari delle proprie origini e proiettati
verso un destino avente come unica certezza la vita in comune con gli altri
orfani o trovatelli. Il fenomeno raggiunge apici di pathos quando elenchiamo i
luoghi dell’abbandono: i più disparati dall’aperta campagna alle piazze. Dal luogo
dell’abbandono traspare l’intenzione che il piccolo sopravvivesse, come nel
caso di fagottini deposti vicino alle chiese per cui si sperava in un
ritrovamento veloce. Diverso è l’abbandono in aperta campagna, luogo in cui il
pargoletto sarebbe stato esposto a intemperie o all’attacco di animali e la sua
morte sarebbe avvenuta nel giro di pochissimo tempo. Questo ragionamento porta
ad affermare che il confine tra abbandono e infanticidio abbia contorni
sfumati. Ma vi sono anche aspetti dolenti del distacco. Per le donne che
trovavano nell’affidamento all’istituto l’unica possibile soluzione la
separazione dal piccolo era dolorosa: a dimostrarlo ci sono piccoli bigliettini
di carta inseriti tra le fasce e riportanti raccomandazioni e indicazioni che
facilitassero un eventuale futuro riconoscimento. Altri segnali volti a
rappresentare un legame con la famiglia di appartenenza sono frammenti di
monete e carte da gioco tagliate a metà, una per il bambino e l’altra
trattenuta dalla famiglia. Quel trancio di carta da gioco avrebbe, un giorno,
garantito la parentela col piccolo e il suo recupero. Ma il riconoscimento,
spinto dal desiderio ardente di ritrovare il proprio figlio, spesso veniva
stroncato irreparabilmente dalla nefasta notizia della morte dell’infante.
L’infanzia,
un tempo così vulnerabile e trascurata ed oggi contornata da un eccessivo
benessere.
Da “La Gazzetta del Mezzogiorno”, 29 novembre 2014, p. 20.
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