Recensione: Giovanna Da Molin – Angela Carbone, Gli uomini, il tempo e la polvere. Fonti e
documenti per una storia demografica italiana (secc. XV – XXI), Cacucci
Editore, Bari 2010, pp. 229.
In apertura si accenna al boom demografico della popolazione
mondiale, giunta a toccare i sette miliardi di persone e una disomogenea
distribuzione territoriale. L’informazione desunta dal rapporto annuale del Population Reference Bureau di
Washington costituisce un monito che induce la demografia ad occuparsi, anzi a
preoccuparsi delle future capacità ricettive del globo che possono assommarsi
in due macro categorie tra loro correlate: qualità della vita e tutela dell’ambiente.
Riducendo la scala, osserviamo la realtà italiana investita, nel corso dei
secoli, da profonde trasformazioni strutturali e di mentalità, che conferiscono
un rilievo alla demografia contemporanea, le cui informazioni e previsioni risultano
preziose al fine di coadiuvare la politica nella promozione di interventi socio–economici.
Poiché presente e futuro non sono svincolati dal passato,
bensì ne rappresentano la conseguenza, è fondamentale reperire e analizzare
documenti e fonti d’archivio. La demografia storica ridona l’essenza alla vita
e ai comportamenti degli individui del passato che hanno lasciato un segno
sulla linea temporale e nella polvere, sia quella degli ambienti che facevano
da sfondo alle vicende quotidiane e sia quella delle carte d’archivio.
La demografia studia la popolazione, tutt’altro che un’entità
statica perché soggetta a modificazioni che ne determinano il formarsi, il
conservarsi e l’estinguersi. Il volume narra gli studi che hanno portato alla
nascita della disciplina demografica che deve molto a un articolo di sole otto
pagine di John Meuvret.
I luoghi della memoria,
nomignolo pregno di significato attribuito agli archivi, custodiscono fonti di
origine religiosa o civile, di stato o di movimento.
Nel 1563 il Concilio di Trento rese obbligatoria e regolò la
tenuta dei registri di battesimo e di matrimonio, mentre l’obbligo della
redazione annuale degli Stati delle Anime e dei registri di sepoltura, da non
confondere con quelli di morte, fu fissato nel 1614 con la Costituzione
“Apostolicae Sedi” di Paolo V. Nonostante i limiti delle fonti, le modalità di
compilazione dei documenti e le informazioni in essi contenute permettono lo
studio dell’andamento dei fenomeni che coinvolgevano la popolazione nella sua
evoluzione diacronica.
Il lungo elenco di fonti storiche regala all’Italia il
primato europeo: anche se redatto una sola volta nel Regno di Napoli, il
Catasto Onciario resta una fonte prestigiosa perché indica i mestieri e
contiene le dichiarazioni dei beni posseduti; le fonti notarili sono utili a
ricostruire la devoluzione del patrimonio e i Capitoli Matrimoniali presentano
la realtà della dote; il registro degli impediti a contrarre matrimonio e le
deposizioni nei verbali dei processi conservano tracce della voce del popolo.
La contestualizzazione delle fonti rimanda alle preoccupazioni destate da
eventi catastrofici, ad esempio l’istituzione dei Calendari di Corte intendeva
effettuare una verifica dell’ammontare della popolazione a seguito del
famigerato “anno della fame”, il 1764. Le autrici esaminano le innovazioni
derivanti dall’occupazione francese dei territori italiani e l’estensione del
Code Napoléon che ha lasciato un’impronta indelebile per l’impianto dello stato
civile e la produzione di fonti. Si elencano: il Tribunale misto, in seguito
soppresso e sostituito dal Consiglio Generale degli Ospizi; il Regolamento
ministeriale relativo al mantenimento dei projetti delle province; la
Statistica Murattiana; lo Stato di Popolazione; il Ruolo Generale di
Popolazione o Fogli di famiglia, germe della moderna anagrafe comunale. Degno
di nota è il decreto napoleonico del 1811 che vieta l’attribuzione di cognomi
infamanti agli esposti.
A seguire si presenta un capitolo che ricostruisce un excursus della popolazione italiana in
età moderna, profondamente segnata da guerre che, sia pur combattute con armi
bianche non capaci delle devastazioni di una bomba atomica, costituivano un
focolaio che avrebbe dato il via a devastanti ondate epidemiche. Si ricorda a
questo proposito il tifo petecchiale, altrimenti detto malattia delle truppe in
movimento per il suo elemento di trasmissione costituito dalla scarsa igiene
che favoriva il proliferare dei pidocchi.
Anche la lista delle malattie, per le quali non si conosceva
eziologia, modalità di trasmissione e cura, è molto lunga: cito vaiolo,
pellagra, malaria e colera. Eppure queste crisi di mortalità acute erano
seguite da un naturale riequilibrio della popolazione che vedeva sbocciare il
recupero dei livelli demografici per merito della ripresa della nuzialità,
spesso tra vedovi, e della natalità.
Qualcosa cambia a partire dalla seconda metà dell’Ottocento.
I progressi in campo medico e sanitario, lo sviluppo economico e la costruzione
di reti fognarie e idriche avviarono la transizione
demografica in cui si verificò il passaggio da un regime demografico
naturale a uno controllato. Nel corso del citato periodo si potè assistere a un
incremento della vita media che mise in moto il fenomeno delle grandi
emigrazioni dal paese. Inoltre si ridusse progressivamente il tasso di
fecondità e al polo opposto si elevò l’indice di vecchiaia fino a giungere ai
record che connotano l’Italia contemporanea.
A portare alla luce la Toscana del Quattrocento mediante la
ricostruzione della popolazione, costituita da circa 260.000 persone, è il
Catasto Fiorentino datato 1427. Si tratta di un censimento avente per obiettivo
la registrazione e la stima di beni al fine di stabilirne una tassazione. Tutte
le possibili forme di ricchezza venivano inventariate e laddove la rendita
fosse stata in natura, si provvide a realizzare un prontuario del valore
monetario dei principali prodotti raccolti. È un catasto completo e laborioso,
ma soprattutto attuale per il bisogno di scoprire gli evasori approntando una
strategia di denunzia del prossimo incentivata da una ricompensa.
Lo studio della popolazione del Regno di Napoli è resa
possibile dalle numerazioni dei fuochi, una fonte civile e fiscale, la cui
redazione risale al 1443 ad opera di Alfonso I d’Aragona. Il censimento
ostiario era volto ad accertare il numero delle famiglie soggette al pagamento
delle tasse.
Le rilevazioni censuarie in Italia si effettuarono nel
periodo post dominazione francese con riferimento a una rilevazione diretta,
nominativa, universale e simultanea che oggi caratterizza il Censimento della
popolazione. Il 1861 rappresenta uno spartiacque storico a partire dal quale lo
Stato unitario avvertì la necessità di desumere informazioni statistiche che
supportassero le scelte organizzative e di governo.
L’opera ripercorre le generalità e gli scopi dell’organismo
pubblico Istat che, oltre a immortalare la vita economica e demografica della
penisola mediante il censimento, fornisce un’immagine dei temi sociali
rilevanti attraverso le episodiche indagini multiscopo.
Nel testo si prospetta la sfida della rilevazione della
presenza straniera sul territorio italiano e gli escamotage adoperati dall’Istituto Centrale di Statistica per
fronteggiare e limitare tale difficoltà.
Nella parte terminale del volume, le autrici si impegnano a
rendere accessibili ai lettori Le misure della
demografia, dedicando ampio spazio a due tipologie di appendici.
Un’appendice metodologica spiega il gergo demografico
seguito dagli indici di struttura della popolazione, che forniscono misure
sintetiche dei fenomeni demografici, uniti a tassi generici e specifici volti a
misurare gli eventi demografici.
Infine un’appendice
documentaria svela il fascino dell’esumazione dei documenti d’archivio. Vi sono
le immagini di: registri di battesimo, atti di battesimo di figli legittimi ed
esposti, registri di matrimonio, atti di matrimonio, registri di sepoltura,
atti di sepoltura, stati delle anime, catasti onciari, registri di nascita,
atti di nascita, registri di morte, atti di morte, Libro di Rota, ricevute di
baliatico, atti di immissione negli Ospizi degli esposti, Regolamenti interni
dei Conservatori, carte processuali della Corte d’Appello, Libri di introiti ed
esiti, richieste di elemosina, documenti relativi alle malattie infettive e
infine il frontespizio del foglio di famiglia del IX Censimento Generale della
Popolazione del 4 novembre 1951. Una vetrina filatelica con l’insito potere di
suggestionare il lettore stimolandolo nel desiderio di approfondire gli studi
storici alla scoperta di dinamiche e vicende sociali, delle quali gli individui
del terzo millennio sono figli.
La
recensione è apparsa su «La Vallisa», Quadrimestrale di letteratura ed altro,
anno XXXI, N. 92–93, Besa Editrice, Nardò (LE) 2012, pp. 127–129.
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