Alle
elementari abbiamo appreso che l’Italia è simile ad uno stivale e che la Puglia
ne rappresenta il tacco. Crescendo abbiamo cominciato a conoscere la realtà
italiana meno nella gioia e più nel dolore. Ma oggi c’è qualcosa la cui entità
surclassa la crisi economica. Ai nostri occhi appare come una conquista, ma è
un danno elegante.
Per spiegare il fenomeno mi appello a una scienza che per
sua natura non indugia e le cui sentenze hanno poco a che fare con
l’indulgenza. Si tratta della demografia, una disciplina che studia
quantitativamente la popolazione vertendo sulla statistica e sulla matematica
applicata. Gli esiti delle ricerche demografiche forniscono a governi e
istituzioni pubbliche e private informazioni importanti per la programmazione
degli interventi relativi a vari ambiti. Se ascoltata e accompagnata al buon
senso risulterebbe infallibile. Dal 1926 l’Istituto Centrale di Statistica (Istat)
costituisce il principale produttore di statistica ufficiale a supporto dei
cittadini e dei decisori pubblici. Il rapporto annuale del 2012 ha prospettato le
tendenze demografiche tra cui l’invecchiamento della popolazione: attualmente
si contano 144 persone dai 65 anni in su per ogni 100 con meno di 15 anni. Nel
1992 questa proporzione era di 97
a 100. L’aumento dell’incidenza della popolazione
anziana dipende dall’allungamento della vita media. Questo minaccia la
sostenibilità dei sistemi previdenziali. Questo rende la penisola un paese
vecchio in cui vale la gerontocrazia (potere detenuto dagli anziani). Questo
pone un freno all’imposizione dell’Italia nello scenario imprenditoriale
internazionale. Questo rende marginale la quota di giovani che formano il
segmento tra i 15 e i 39 anni. Questo non fa onore al paese. A nulla vale la
carriera accademica di un docente che si è impegnato nell’esaltazione di sé senza
intuire che avrebbe dovuto trasmettere parte del suo metodo a un discepolo che
ne avrebbe degnamente proseguito il lavoro. Alcuni signori in età senile
esclamano «il futuro è dei giovani». È l’espressione dell’egoismo perché il
futuro è un tempo che deve ancora giungere, ma occorre coraggio per sostituirlo
con «presente». Ricordiamo che l’allungamento della vita media riguarda la
media aritmetica e non la durata standard della vita. È pari a 79 anni per gli
uomini e 84 per le donne. Pertanto la locuzione «la vita è breve» non deve
finire nel dimenticatoio. Accogliete il giovane meritevole che cerca
un’opportunità; la sua esistenza non è infinita.
Tutto questo
fa dell’Italia nient’altro che un vecchio stivale col tacco rotto.
Da “La
Gazzetta del Mezzogiorno”, 29 ottobre 2012, p. 14.
Leggi anche ciò che nessuno ha previsto:
- Disoccupazione giovanile e pensioni: miscela esplosiva in agguato .
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