Magnifico Rettore Antonio Felice Uricchio,
torno a scriverle, ma per l’ultima volta. Posso solo
immaginare il gran sollievo che queste righe le stiano donando. Silvana
Calabrese non busserà più alla porta della sua coscienza! Presto o tardi
comunque la misteriosa signora coscienza presenta il conto.
Tempo addietro mi concesse gentilmente udienza in merito al
mio articolo pubblicato su La Gazzetta del Mezzogiorno del 25 maggio 2015 e
rieditato sul blog "La scorribanda legale": “Università. I concorsi, scusanti per assumere raccomandati. Una testimonianza sul perpetuo marciume universitario”. Mi rassicurò molto sapere che aveva già preso dei provvedimenti incaricando una
commissione di indagine di far luce sulla situazione vigente nel Dottorato di
ricerca da me concluso. In successive e-mail continuò a confermarmi la presenza
di commissari al lavoro. Era il 18 settembre del 2015. Esattamente un anno dopo
(a seguito di mie sollecitazioni) mi giunse per posta elettronica l’avviso che
entro tempi strettissimi la Commissione si sarebbe riunita per il verbale
finale. Tuttavia non ero nemmeno stata convocata. Quanto di vero ci sia mai
stato intorno a questa misteriosa Commissione di indagine è tutto da appurare o
da archiviare come “noncuranza del Rettore”.
Non mi aspettavo giustizia appellandomi alla sua figura, ma
soltanto la dignità di un chiarimento. Me l’ha negata come mai si dovrebbe
negare un diritto vitale ad un essere umano. Trovo molto semplice che lei
ricopra una posizione di tale rilievo e potere se poi evita le responsabilità
che da essa derivano.
Perfino quando le scrissi della richiesta inqualificabile
del suo dipendente V*** R****, il quale desiderava il mio lavoro di ricerca (la
vicenda si tradusse poi in articolo: “Giustizieri della notte. Il valore del duro lavoro”), lei mi rispose con nonchalance. È incredibile quanto la gente comune ignori
i meccanismi perversi che aleggiano sulle istituzioni pubbliche.
Tuttavia è mio dovere ringraziarla, anzi sono decisamente in
debito con lei per la lezione di vita che mi ha trasferito. Infischiandosene di
quanto le accade tra le mura accademiche lei mi ha trasmesso un sommo
insegnamento: bisogna imparare a farsi giustizia da soli ovviamente al labile
confine tra il lecito e l’illecito, senza invocare un potere superiore. Delineando
un bilancio, effettivamente è quasi ciò che ho fatto io, ed è per questo motivo
che durante la nostra prima udienza esordii con le testuali parole: «Non sono
qui per scusarmi del mio articolo, ma solo per spiegargliene l’origine».
Se pensa di non gradire queste mie righe, ricordi che c’è
sempre qualcosa di peggio come ad esempio la certezza che quanto scritto finirà
immediatamente anche sul mio blog!
Non è ripicca, ma solo e soltanto il mio desiderio di non
deludere le sue aspettative. Ricorda di aver imbastito un breve rapporto
epistolare con una persona alla quale riportò queste esatte parole? «Purtroppo
la Calabrese lancia spesso questi blog al punto che è stata da me attivata una
commissione su quanto denuncia». L’e-mail è datata 2 novembre 2015. È coeva
rispetto alle comunicazioni nei miei confronti, ma totalmente diversa nei toni.
Senz’altro dimostra la sua austerità unita a grande maturità.
Per quanto sia
sporca, lercia o lurida… questa è la verità.
Non si scomodi a
rispondere, è già tutto sufficientemente chiaro.
Silvana Calabrese
Nessun commento:
Posta un commento