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venerdì 10 novembre 2017

Il diritto di voto duramente conquistato, ora alle ortiche viene gettato

È come un dono, non ci si può astenere dal riceverlo
La scorribanda legale Silvana Calabrese blog
Il diritto di voto duramente conquistato, ora alle ortiche viene gettato. Le circostanze sono favorevoli alla fioritura di una rima. Siamo stati chiamati al voto in occasione delle elezioni politiche italiane del 2013 per il rinnovo dei due rami del Parlamento italiano (Camera dei deputati e Senato della Repubblica). I media ne parlano in termini di scarsa affluenza, inferiore rispetto ad altri eventi elettorali. L’esercizio del voto non è solo un diritto, ma costituisce un dovere che investe i cittadini. L’astensione dallo stesso, anche se mossa da un crollo di fiducia nel sistema peninsulare già affetto da numerose vicissitudini, non trova giustificazioni e anzi rappresenta un danno per i rinunciatari. Si sente spesso asserire che il vero fallimento risieda nella rinuncia e in effetti l’assunto è inconfutabile. Mentre un concreto deperimento lo ha subito l’espressione «Italia: bel paese». Con chiarezza interviene la Costituzione, in vigore dal 1948, che nei primi commi dell’art. 48 sancisce e garantisce che «Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età. Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico». Il popolo è stanco della realtà attuale accompagnata da una politica lontana dal vissuto dei cittadini. Questo però è un alibi, scusante dell’assenteismo (probabile riflesso del comportamento dei parlamentari). Per suffragare il mio assunto citerò i referendum abrogativi del 2005, distinti in 4 quesiti sulla legge n. 40 del 19.02.2004 «Norme in materia di procreazione medicalmente assistita». Si tennero il 12 e 13 giugno 2005 e non raggiunsero il quorum. È nitido il ricordo di quelle mattine di sole. Mi recai alle urne e poi in spiaggia. Ossia anteposi il dovere al piacere. Ma in troppi assunsero un comportamento divergente rispetto al mio: donne biologicamente improduttive o già madri; uomini; ragazzi/e che non avevano compreso il peso della scelta. Il voto è necessario anche quando il suo esito non ci tange in prima persona. Ma questo discorso deraglia ora verso ciò che diamo per scontato, ovvero il modo ispido col quale siamo giunti a conquistare questo nostro diritto. Il suffragio universale venne istituito dopo la II guerra mondiale. Precedentemente, nell’età giolittiana, definita epoca di riforme, si previde il suffragio universale maschile nel 1912: per la prima volta in Italia il diritto di voto veniva allargato a tutta la popolazione maschile al di sopra dei 21 anni, indipendentemente dal reddito degli elettori, purché sapessero leggere e scrivere e avessero adempiuto agli obblighi del servizio militare. Rimaneva l’esclusione degli analfabeti, che potevano accedere al voto solo dopo aver compiuto i 30 anni, e delle donne alle quali il voto fu riconosciuto nel 1946. Un diritto è come un dono: non ci si dovrebbe astenere mai dal riceverlo. 
Da “La Gazzetta del Mezzogiorno”, 27 febbraio 2013, p. 32.

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