Recensione: Massimo Gramellini, L’ultima riga delle favole, Longanesi,
Milano 2010, pp. 258.
L’ultima
riga delle favole è un’allusione alla promessa dei racconti fantastici che
si concludono con «e vissero per sempre felici e contenti». L’evoluzione
narrativa delle favole che hanno popolato la nostra infanzia aveva il potere di
mantenere sempre desta la nostra attenzione accrescendo in noi uno stupore
inesorabile. Ma Tomàs, protagonista del romanzo di Gramellini, avvertiva un
brusco affievolimento di quel senso di meraviglia in corrispondenza di
quell’ultima riga che dava spazio ad uno spesso strato di insoddisfazione,
innescando una curiosità mai appagata in merito a ciò che sarebbe avvenuto in
seguito ai protagonisti dei racconti.
Ogni favola,
ogni fiaba, ogni mito, altro non era che la metafora della vita anche se
condotta ai confini del reale. Ogni narrazione simbolica si fa ambasciatrice di
una verità interiore veicolando interpretazioni della realtà.
L’autore
architetta un ponte tra dimensione quotidiana e fiabesca riprendendone
simbolicamente le funzioni: farà compiere al protagonista un viaggio
introspettivo che si collocherà in un mondo che per garantire concentrazione e
lucidità dovrà essere immaginario, le Terme dell’Anima. Il percorso
inizia con la tipica partenza del protagonista, tradotta in un naufragio
esistenziale, mosso dalla mancanza di qualcosa, l’anima gemella, stimolo a
partire. Un traguardo che verrà eclissato per la durata dell’itinerario allo
scopo di risaltare l’essenza di ogni tappa.
In un luogo
arcano l’uomo comune ha l’occasione di divenire eroe osservando o ottenendo
poteri fuori dall’ordinario, ma si tratta di allegorie e dunque se ne ricerca
il corrispettivo nella vita vera: motivazione, affetto, stima ed autostima,
amore, odio, desiderio di riscatto, empatia. Sono alcune delle forze che
intrinsecamente abbiamo ricevuto in dote e che ci consentono di affrontare le
peripezie e le vicissitudini che la vita quotidiana ci riserva.
L’eroe Tomàs
viene sottoposto a prove di resistenza e di abilità lottando contro
un’ostruzione che egli stesso aveva eretto intorno al suo cuore e alla sua
mente separandosi dalla propria anima. Tali prove custodiscono il senso delle
esperienze capaci di rendere l’uomo maggiormente sensibile non solo a ciò che lo
circonda, ma anche a emozioni e sentimenti.
L’adempimento
graduale delle prove è la condizione necessaria affinché si inneschi un cammino
di crescita interiore, compiuto il quale si ritorna al punto dove l’iter è
cominciato, ma con nuove risorse interiori fondamentali per annullare lo stato
di rassegnazione ed infelicità.
Affrontare le
paure. Dosare l’entusiasmo in quanto propellente eccezionale che può però detronizzare
la costanza. Proporsi una meta e lavorare duramente lottando se necessario,
affinché non resti un’idea, ma diventi una conquista. Smettere di subire le
forme di ingiustizia che popolano il mondo e nutrire la volontà di combatterle.
Imparare a conoscere se stessi, ad amministrarsi, a controllarsi. Esser pronti
a mettere in discussione le proprie provvisorie certezze al fine di conferire
dei contorni ben definiti ai ricordi più dolorosi per poi spodestare l’ego ed
osservare la situazione da un altro punto di vista, quello oggettivo che
permette di accogliere oltre alle capacità empatiche, il concetto di perdono,
ove possibile. Rispolverare due inestimabili risorse, intuizione e creatività
che giacciono nell’oblio dell’infanzia, e coltivarne una la cui definizione è
stata deformata: distacco. Concedere maggiore rilevanza ai gesti più che alle
parole, spesso sovrapprodotte. Rammentare i pregi della capacità di avvertire
la gratitudine. Saper cogliere l’opera d’arte per eccellenza, il raffinato e
intricato disegno del destino, copione dell’esistenza, nonché ultimo elemento
dotato di un’aura magica che la società ammette. Il suo corso tortuoso ed
imprevedibile rende ogni evento giusto e perfetto perché in quel disegno vi
trova una collocazione millimetrica.
Il soggiorno
alle Terme dell’Anima assicura al lettore ed al protagonista l’acquisizione
di tali orizzonti mediante lo sviluppo di una profondità di pensiero,
coadiuvato da oggetti, personaggi, tragitti e luoghi simbolici. Spetta a noi
tornare alla dimensione quotidiana e scoprire tutto ciò che non eravamo in
grado di osservare, udire, ascoltare, percepire.
La recensione è apparsa su
«La Vallisa», Quadrimestrale di
letteratura ed altro, anno XXX, N. 90, Besa Editrice, Nardò (LE) 2011, pp.
190–191.
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