Recensione: Paolo
Sorcinelli, Viaggio nella storia
sociale, Bruno Mondadori, Milano 2011, pp. 167.
Contro il tangibile distacco che i giovani manifestano nei
confronti della storia l’autore presenta un antidoto: conducendoci in un Viaggio nella storia sociale permetterà
ai lettori di scoprire eventi, circostanze e atteggiamenti imprigionati nelle
false pieghe della storiografia tradizionale. Al termine del viaggio, un
insegnamento: così come gli individui singolarmente hanno bisogno della propria
identità, la popolazione intera ha bisogno di un’identità collettiva in cui
affondare le proprie radici storiche.
La nascita della storia sociale, nel Novecento, ha fatto
emergere nuovi personaggi appartenenti ad una minoranza di uomini che la storia
ha sempre trascurato. Il proscenio del passato si arricchisce di sfumature fino
a lambire coloro che si sono trovati ai margini della storia. La storia sociale
amplia gli orizzonti conoscitivi e di ricerca rivalutando i soggetti senza
storia, ma soprattutto impiegando nuove fonti. L’autore si sofferma sul
paradosso degli scarti della storia: le cose più semplici e quotidiane
risultano essere quelle maggiormente sconosciute.
L’opera intende mostrare le difficoltà incontrate dagli
storici, i quali sono alle prese con i tasselli che il tiranno passato ha
generosamente concesso loro, ma quelle informazioni non si presentano lineari e
talvolta potrebbero essere distorte, falsate (si pensi alle retoriche di
regime). Inoltre la storia non somiglia ad una formula dotata di
consequenzialità logica. Ne deriva un “fare storia” come mestiere irto di
ostacoli e strettamente legato al criterio dell’interpretazione delle fonti.
Poiché il passato è complesso, ricostruirlo non consentirà di poterlo rappresentare
nella sua interezza perché mai sarà possibile risalire a tutti gli aspetti che
lo hanno caratterizzato.
La storia sociale vede il suo faro nella storia della
famiglia ed è proprio in corrispondenza dei primi studi sugli aggregati
domestici che si è intuito che l’impianto economico e demografico lasciava
trasparire questioni nuove rientranti nel campo della sociologia e
dell’antropologia. Si iniziò a scoprire un sipario che celava i temi
fondamentali dell’esistenza umana: la salute, l’alimentazione, la morte, la
religiosità, la sessualità. Poiché un nucleo familiare nel corso del tempo è
soggetto a mutamenti che possono determinarne l’ampliamento o meno in ragione
di fattori sociali, politici e religiosi, lo studio della famiglia dovrà
prendere in considerazione numerose linee di forza. Dal tema della famiglia
scaturirà lo studio della donna e dell’infanzia, il concetto di matrimonio, di
intimità coniugale, di fecondità con i suoi incoraggiamenti politici
(Mussolini) e i comportamenti volti a impedirla.
Società e cultura del passato sono intarsiate di événement ed è la loro correlazione e
contestualizzazione che svela i meccanismi interni di una società e la Weltanschauung dei suoi cittadini.
Sul versante della salute e della storia sanitaria scopriamo
le misure messe in atto per contenere la mortalità e per arginare le occasioni
di contagio epidemico. Il rigoglioso sviluppo della storia sanitaria si deve
all’apporto di altre discipline. La storia dei grandi medici e della scienza
vede emergere le storie dei medici minori mediante i loro appunti
dattiloscritti, ma a inebriare lo sfondo vi sono le microstorie dei malati.
Una moltitudine di temi esistenziali e drammatici si
intreccia nelle cartelle cliniche e nelle corrispondenze dei ricoverati nei
manicomi. Il senso di smarrimento che traspare dagli scritti dei pazienti si
concretizza nelle cure poco ortodosse destinate a individui che spesso
accusavano solo i sintomi dello stress post–traumatico derivante dalle atrocità
dei conflitti mondiali. Bombardamenti, incursioni dal cielo garantite
dall’aviazione, potenziamento dell’artiglieria si tradussero in crisi
isteriche, attacchi di panico, disturbi nervosi o più sinteticamente nel fatto
che la guerra, per chi l’ha combattuta, non ebbe termine nel ’45, ma si protrasse
per il resto dell’esistenza. Le terapie all’interno dei manicomi erano
incentrate sulla somministrazione di sostanze ipnotiche, sedative,
cardiocinetiche, stimolanti, ceppi malarici, dosi di insulina tali da provocare
il coma diabetico e sedute di elettroshock.
Viaggio nella storia
sociale spesso si presenta come un invito ad analizzare documenti inediti
alla personale scoperta delle condizioni di vita e della visione del mondo dei
nostri predecessori. È il caso delle memorie e delle lettere informali volte a
imbastire uno scambio epistolare tra il fronte e gli affetti. Da esse si evince
il senso della vita e un diverso declivio della storia fatto di sogni,
speranze, ambizioni, aspettative, progetti. Quelle contenenti i diversi punti
di vista della storia sono le tracce meno propense ad emergere poiché custodite
negli archivi familiari.
La scrittura ha rappresentato un bisogno improcrastinabile
degli individui che, spinti dalla brama di comunicare e imprimere su carta
vicende, emozioni e vissuti, hanno imparato a scrivere nel periodo
dell’arruolamento.
Numerose sono le visuali in merito all’argomento
alimentazione quotidiana e spesso le fonti sono da ricercarsi nelle tabelle
dietetiche delle comunità religiose, degli ospedali o degli istituti assistenziali.
Scarso e spesso di cattiva qualità era il cibo nelle società del passato.
Spesso la gente moriva di inedia, un epilogo della vita che oggi non
riusciremmo a immaginare. Il testo ripercorre anche le conoscenze alimentari
consolidate in Antico Regime e i rimedi culinari ad alcune malattie. Tuttavia
la diffusione della pellagra, causata da carenza vitaminica (B e PP) era
causata da un regime alimentare improntato quasi esclusivamente sul mais che a
differenza del grano non contiene la vitamina citata. Chi contraeva la pellagra
manifestava evidenti sintomi a carico del sistema nervoso e finiva i suoi
giorni rinchiuso in un ospedale psichiatrico. È interessante scoprire quali
fossero le abitudini alimentari e sociali legate alla gestazione e al puerperio
considerando che era impossibile soddisfare il fabbisogno nutrizionale di una
donna in dolce attesa e che nel primo anno di vita l’infante era vulnerabile a gastroenteriti
fatali.
L’analisi delle passioni è desumibile dallo studio
dell’illecito e della trasgressione utili a definire i contorni di ciò che
nelle diverse epoche era considerato lecito. Così come i falsi fanno la storia
perché per diverso tempo la storia verte su fonti manipolate, anche la
trasgressione può delineare i tratti somatici della storia.
Tra gli scarti della storia ritroviamo, come ribadisce Le
Goff, anche il corpo, quasi sempre celato, mortificato, deforme, ossuto. In
particolare il corpo femminile e la donna stessa sono stati oggetto di
demonizzazione ed esaltazione nell’alternanza tra la donna angelicata e la
donna identificata con il peccato.
Dal corpo si slitta verso l’argomento dell’igiene, della
“pulizia secca” altrimenti detta pratica dello spulciarsi, della concezione
dell’acqua calda come responsabile della dilatazione dei pori ai miasmi
pestilenziali e del fare il bagno come segno di prestigio.
Il viaggio si conclude con la necessità che sia chiaro il
bisogno di avere delle radici storiche, una memoria collettiva che si trasmetta
nelle generazioni e che sviluppi un senso di identità ed un sense
of past che ha condizionato il nostro presente ed inciderà sul futuro. Ecco
allora che spicca il concetto di “luogo della memoria”, di heritage, di patrimonio che i singoli e la collettività riconoscano
per mezzo della memoria collettiva.
Dalle ricorrenze nazionali e istituzionali, dai monumenti
che trasformano gli eventi in qualcosa da celebrare si giunge alla possibilità
di diventare storiografo del proprio ciclo di vita attraverso uno strumento
innovativo e democratico quale la fotografia. Inaugura un senso di percezione
della nostalgia specialmente nella diffusione nei periodi bellici. Permette
all’individuo di perpetuarsi e di incastonarsi lasciando una traccia di sé e
della sua fisionomia in un preciso momento. Possono costituire una memoria del
privato o estendersi a opportunità di memoria collettiva nel caso di libri
fotografici dedicati a paesi o città.
Infine una dissertazione sulla difficoltà che la fotografia
ha incontrato nell’affermarsi come documento storico perché per troppo tempo
considerata un puro corredo illustrativo. Ma anche ritenere che il linguaggio
fotografico sia immediato è un grave errore: l’immediatezza è solo apparente in
quanto sono assolutamente necessarie tecniche di lettura e criteri
interpretativi differenti rispetto a quelli applicati all’elaborazione delle
fonti cui usualmente ricorre lo storico.
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