Perché scrivi? Per chi scrivi? Sono
gli interrogativi che i più grandi scrittori si sono posti e che paiono desueti
in un mercato editoriale in piena come quello odierno, orientato alla
mercificazione dei testi come oggetti di massa e non scrigni del sapere.
Anche Manzoni introduce “I promessi
sposi” domandandosi se vi sarebbe stato chi si sobbarcasse alla fatica di
leggere l’opera che egli scrisse con fatica.
Ogni autore che con fare
introspettivo ricerca il motivo profondo della scrittura, dà prova di umiltà
intellettuale. Se poi si chiede per quali lettori si accinge a scrivere,
dimostra altruismo. Lo scrivere, come il parlare, non è sempre necessario,
dovrebbe anzi cedere il passo al leggere e all’ascoltare. Pur senza opprimere
la linfa delle parole che costituiranno i capitoli del nuovo testo, ogni
scrittore dovrebbe meditare sulla motivazione che lo ha portato ad inforcare la
penna e dovrà poi prefigurarsi i futuri lettori. Solo in questo modo sarà in
grado di rispettarli donando loro spunti, stimoli, nozioni e spesso il semplice
ma prezioso conforto che cerchiamo nella lettura.
Domenico Rodolfo pone l’imperitura
questione che, se messa in pratica, potrebbe realizzare una selezione naturale
nel campo di un’editoria sempre più autoreferenziale. Allo stesso tempo ci offre
un omaggio, la possibilità di fare un giro del mondo alla scoperta della
risposta che quattrocento scrittori danno alle domande: Perché scrivi? Per chi
scrivi?
Autore Domenico Rodolfo, Perché
scrivi? Per chi scrivi?, Edizioni Giuseppe Laterza, Bari 2003, pp. 299.
Non sapendo cosa scrivere e il motivo per cui farlo, ha scritto un libro in cui lo chiede agli altri
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