A Padova, dal
15 al 21 febbraio 2010, in
occasione della Festa della Traslazione
delle Reliquie di S.Antonio, detta
anche Festa della Lingua, le spoglie
del Santo tornano nella Basilica di Padova per essere esposte alla devozione
dei fedeli. Giungono anche da lontano, spinti dalla fede e soprattutto dalla
certezza che le loro preghiere saranno ascoltate. Una volta si cantava un inno,
noto ai devoti: “Si quaeris miracula”
“se chiedi miracoli”. Ognuno nel suo cuore chiede un intervento divino, una
intercessione per sé, per chi gli è caro. Sfilano in silenzio, in adorazione e
in preghiera. Qualcuno piange. Sono lacrime di speranza, di chi rifiuta di
rassegnarsi al dolore e si rivolge con fiducia al Santo che è stato definito
dalla pietà popolare il Santo dei
miracoli. [Prima di proseguire è bene precisare la corretta denominazione
del santo: da Padova o di Padova? Secondo un uso ormai
consolidato, i frati prendono il nome della sede del convento da cui provengono
e a cui appartengono. È corretto quindi dire di Padova, anche se coesiste largamente ed è accettata
l’espressione da Padova].
L’ostensione è
stata già preceduta da un altro notevole evento: la sosta delle Insigni
Reliquie di S. Antonio nella comunità parrocchiale di Gradisca d’Isonzo nel
mese di settembre 2009. Appare subito chiaro che non vi è l’intenzione
esclusiva di una venerazione dei resti del Santo, ma di rendere onore
alla persona canonizzata dalla Chiesa, che ha raggiunto la comunione con
Cristo.
Il culto delle
reliquie è abbastanza remoto: nasce con i primi martiri e consente di venerare
quelle parti del corpo in cui il martire ha sofferto, elevando i credenti alle
altezze della fede o rafforzandone i fondamenti. Gradisca accoglie il Santo e
riceve a sua volta un dono: ridare vita alla testimonianza cristiana in tempi
di dure contraddizioni. Contemporaneamente, in omaggio alle Reliquie, si è svolta
a Gradisca la mostra regionale di pittura e scultura promossa dall’unità
pastorale locale, in collaborazione con le maggiori Accademie ed Istituti
d’Arti visive. Presenti anche artisti
pugliesi: Paola Bernasconi e Mario Pierro che con le loro opere hanno apportato
un notevole contributo artistico all’evento.
Paola
Bernasconi, nata a Bari, vive nel Triveneto dove esercita la professione di
medico legale, senza allontanarsi dalla tradizione iconografico-pittorica, cui
è legata, anello di congiunzione con il padre, il pittore Franco Bernasconi.
Le icone a
tema sacro, opportunamente rivisitate, nascono da una profonda spiritualità
colta non soltanto dai devoti, ma anche dai laici, capaci di leggere in esse
messaggi d’amore, di pace e di integrità morale. Fedeli allo stile bizantino
italico moderno, le immagini sacre traggono linfa dalla tradizione bizantino-slava,
greco-ortodossa e orientale. I soggetti riprodotti: la Vergine , Cristo, gli
angeli, i beati e santi come Antonio e Nicola.
Mario Pierro,
insignito nel 2006 del titolo di Artista
della fotografia italiana dalla F.I.A.F. (Federazione Italiana Associazioni
Fotografiche), di origine pugliese, ha vissuto a Brindisi fino a vent’anni,
quando ha lasciato la Puglia
per Gradisca d’Isonzo in Friuli-Venezia Giulia. Qui il suo curriculum conta
numerose mostre, la pubblicazione di un libro, Lo spazio di un’emozione, la pubblicazione della sua produzione
fotografica su testate nazionali e riviste specializzate, l’istituzione di ben
tre circoli fotografici. È infatti la fotografia l’attività dominante di Mario
Pierro, passione che ebbe inizio con un regalo della moglie: una reflex capace di catturare e trasmettere
le immagini e le emozioni provate al momento dello scatto. A questa forma
espressiva si accompagna una tecnica peculiare che parte dalla stampa in bianco
e nero con un contrasto marcato, per poi intervenire con una sfumatura color
seppia, tecnica che agli inizi richiedeva pazienza e perizia e che ora si
realizza invece con programmi digitali di foto-ritocco. In calce la firma
dell’artista.
La presenza
dei due artisti pugliesi a Gradisca si accompagna al carattere spirituale
dell’evento che assume valenza storico culturale, compresa tra l’agiografia di
Antonio e la mostra iconografica.
L’iniziativa è da ricondurre alla
figura di Don Maurizio Qualizza, il promotore che ha coinvolto tutti, anche i
bambini, autori di disegni raffiguranti i miracoli ed i momenti della vita del
Santo. Alla preparazione spirituale del parroco risponde una sensibilità
artistica diffusa, presente nel territorio, che trova la giusta collocazione in
adeguati spazi espositivi. Don Maurizio ha anche curato minuziosamente la
realizzazione del sito internet www.parrocchiagradisca.it
che offre maggiore risonanza a quello che è già considerato centro di arte
sacra, tra Udine, Gorizia e Trieste. Le opere esposte sono frutto di una
ricerca che va al di là della santità, perché attraverso l’arte mira a
conoscere l’uomo.
Gli artisti
obbediscono ad una legge interiore, forte, capace di affermare una fede anche
estranea alla matrice prettamente religiosa, per fare spazio a una sensibilità
culturale oltre il discorso confessionale. Tutti infatti possono comprendere la
forza e l’attualità di una vita eccezionale, espressa dai partecipanti alla
mostra e in particolare dai nostri artisti pugliesi, trapiantati in una terra
nuova, dove hanno trovato migliori opportunità sociali e professionali.
Il destino
riesce sempre a compiersi: questo è il messaggio dell’8 dicembre 1965 di Paolo
VI agli artisti, colto dai nostri Paola Bernasconi e Mario Pierro. Il filo
conduttore dell’allocuzione riguarda il legame tra gli intellettuali e la Chiesa , grata a pittori,
scultori, architetti, per aver edificato i templi, decorato gli edifici,
celebrato il culto, arricchito la liturgia, tradotto il messaggio divino
attraverso il caleidoscopico linguaggio dell’arte, capace di rendere visibile e
comprensibile ciò che è trascendente. Le opere artistiche con la loro bellezza
infondono speranza e si trasformano in strumenti salvifici contro il baratro
della disperazione. Inoltre resistono al tempo, unendo generazioni lontane
anche dal punto di vista comunicativo, ma soprattutto perché l’arte è per sua
natura estranea all’aspetto economico. Nasce infatti come custode della
bellezza del mondo e per questo Sua Santità Paolo VI incoraggia gli artisti e
gli intellettuali ad essere sempre degni del proprio talento.
L’obiettivo
che la comunità parrocchiale di Gradisca si è imposta è un incontro
bidirezionale col Santo. È un ‘incontrarlo’, come ricongiungimento alla
vocazione del credente, e ‘farlo incontrare’, come riscoperta e conferma
dell’impegno di educatori, genitori, catechisti e insegnanti verso i giovani.
Per tutti l’esempio di una vita all’insegna della divulgazione della proposta
evangelica per portare la riconciliazione ovunque fosse necessario.
Come aveva già
insegnato Francesco, anche Antonio aveva rinunciato ai beni materiali,
scegliendo l’unico Bene possibile, Dio. Attento ascoltatore, fratello maggiore
e impareggiabile confidente, era anche un esemplare oratore, abile negli
approcci umani tanto che il cronista e biografo francese Rigauldt scrive: «gli uomini di
lettere ammiravano in lui l’acutezza dell’ingegno e la bella eloquenza.
Calibrava il suo dire a seconda delle persone, così che l’errante abbandonava
la strada sbagliata, il peccatore si sentiva pentito e mutato, il buono era
stimolato a migliorare, nessuno, insomma, si allontanava malcontento».
Quello di
Antonio fu un pellegrinaggio spirituale e terreno, per diffondere la parola di
Dio, come dimostra scientificamente l’analisi condotta sulle sue ossa, da cui
si desume che camminò molto a piedi. La sua vita è messaggio e invito per tutti
ad un pellegrinaggio interiore, un’introspezione che conduca all’essenza
dell’essere, agli obiettivi prioritari da realizzare, un ritorno ai valori
fondamentali.
Si fa appello
ad un Santo la cui fama per i miracoli compiuti ha raggiunto ogni parte del
mondo. Ci piace sottolineare che la predicazione in favore dei poveri e delle
vittime dell’usura è chiaramente attuale: «La
natura ci genera poveri, nudi si viene al mondo, nudi si muore. È stata la
malizia che ha creato i ricchi, e chi brama diventare ricco inciampa nella
trappola tesa dal demonio. Razza maledetta, sono
cresciuti forti e innumerevoli sulla terra, e hanno denti di leone. L’usuraio
non rispetta né il Signore, né gli uomini; ha i denti sempre in moto, intento a
rapinare, maciullare e inghiottire i beni dei poveri, degli orfani e delle
vedove … E guarda che mani osano fare elemosina, mani grondanti del sangue dei
poveri. Vi sono usurai che esercitano la loro professione di nascosto; altri
apertamente, ma non in grande stile, onde sembrare misericordiosi; altri,
infine, perfidi, disperati, lo sono ancor più apertamente e fanno il loro
mestiere alla luce del sole». Un particolare degno di nota della
vita del Santo è la lunga serie di vicissitudini che ne hanno costellato
l’esistenza, cui egli ha opposto il valore della speranza, della fiducia nel
futuro e soprattutto nei giovani. È la speranza infatti, ultima dea dell’antico mitico mondo dei poeti, che oggi ritorna ad
essere l’elemento essenziale e insostituibile dell’esistenza moderna.
L’articolo è
apparso nel 2010 sul sito web della Parrocchia di Gradisca.
http://www.parrocchiagradisca.it/SITE/index.php?area=NEWS&id=349.
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