Mafia è il
termine con il quale ci si riferisce ad un’organizzazione criminale. L’editoria
è ormai logora dalle opere che trattano questo delicato argomento, alcune
raggiungono grandi volumi di vendita rispetto ad altre destinate a volare a
bassa quota commerciale. Tutte omettono un elemento fondamentale.
A seconda
delle ramificazioni geografiche la mafia assume diverse denominazioni: Camorra,
Cosa Nostra, ’Ndrangheta, Sacra corona unita, la Yakuza, i cartelli. In realtà
l’unica ramificazione che conta è quella legata alle nostre azioni. Si dice che
la mafia aleggi sulla politica, che permei gli ospedali, gli organi statali e
che si sia insinuata nell’istruzione. Un male invincibile, dunque, se visto a
valle dove la sua prorompenza è massima. Dobbiamo risalire verso la sorgente
per osservarne la fase embrionale e scoprirne il meccanismo di disinnesco.
Quando un individuo ricopre un ruolo che gli conferisce potere, ne viene
corrotto: comincia il primo stadio del male, l’atteggiamento mafioso. Si tratta
di un’espressione di prepotenza mista ad onnipotenza che si manifesta
attraverso le minacce.
Ciascuno di noi, quotidianamente, incontra tale
atteggiamento e può scegliere se scalfirlo o alimentarlo.
Gli interessi, le
paure (caratteriali o sociali perché consci che la giustizia si perde in
lungaggini e invoca prove), le debolezze inducono ad accrescerlo e ben presto
si giunge al punto di non ritorno. La vita è troppo breve ed ingiusta per
procedere a capo chino. E la dignità è un elemento talmente importante la cui
svendita è un reato. Tuttavia soli non si vince. L’atteggiamento mafioso si debella
con la determinazione individuale e di gruppo (non necessariamente simultanea)
poiché le intimidazioni con cui si palesa possono essere attuate solo ai danni
dei singoli, mentre una folta schiera di persone non potrà mai esserne
intaccata.
Vi sono uomini
valorosi che hanno combattuto la mafia al suo stadio avanzato. Non possono
essere morti invano. Carlo Alberto dalla Chiesa era desideroso che tutti
custodissero gelosamente la propria onestà. Giovanni Falcone esortava
all’impegno collettivo contro la mafia da lui considerata un fatto umano. Paolo
Borsellino sosteneva che quando la gioventù negherà il consenso, anche
l’onnipotente e misteriosa mafia svanirà come un incubo.
Tutti noi
possiamo e dobbiamo intervenire drasticamente sulla forma primordiale di mafia,
l’atteggiamento mafioso. È quello che ancora non sapevamo sulla mafia.
Da “La Gazzetta del Mezzogiorno”,
17 luglio 2013, p. 16.
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