Non temete
ecclesiastici, non temete laici. Nulla di blasfemo comparirà in questa lettera,
ma solo la verità, seguita dal bisogno unanime di pregare.
Prima
spieghiamo il significato: la preghiera è, a tenore di vocabolario, la
manifestazione fondamentale della vita religiosa consistente nel rivolgersi a
Dio o al mondo divino con la parola o con la mente, per chiedere, ringraziare o
glorificare. Dal punto di vista giuridico posso fare appello all’Art. 21, comma
1 della Costituzione della Repubblica Italiana: «Tutti hanno diritto di
manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni
altro mezzo di diffusione». Costituitami parte civile, proseguo.
Probabilmente
a tutti è capitato di impantanarsi in una causa di tribunale, tanto che sono
ormai note le sfilze di rinvii delle udienze, sempre longeve.
Levo il calice
alle lungaggini giudiziarie, civili e/o penali che svuotano la giustizia della
sua vera essenza. Gloria alla parcella dell’avvocato, al figlio che ne prenderà
il posto, e allo Spirito Santo che non li ha investiti. E sia fatta la volontà
del magistrato.
Passiamo
all’Università, la stessa che in una lettera precedente è stata ritenuta «fatta
su misura dei bisogni dei docenti». La bellezza di una catena alimentare,
nonché unica consolazione per il plancton, è che esiste sempre un pesce più
grande del precedente. Ecco spiegati i non pochi problemi cagionati dalla
riforma universitaria, un vero e proprio maremoto che sconvolgerà i connotati
di tale istituto di Studi. Gloria al barone, chissà se la spunterà, al figlio,
chissà se smetteremo di usare il termine parentopoli,
ma soprattutto sia fatta la volontà del Decreto Gelmini. Di sicuro i miei figli
lo studieranno nei manuali di storia, pena: un mese senza pay tv.
Le istituzioni
sono tante quante le bizzarrie di cui veniamo a conoscenza. Inquadriamo il
nosocomio: in ospedale può capitare che una partoriente o una paziente che stia
per sottoporsi con urgenza ad un intervento debba attendere le vere priorità
mediche (il giuramento di Ippocrate deve aver subito delle trasformazioni): il
medico deve prima fare a botte col collega (deve cioè tenersi in allenamento
per la prova costume) e poi può adempiere al suo compito, salvare delle vite.
Gloria alla virilità dei medici, al loro destro impeccabile, e che Ippocrate,
padre della medicina, riposi in pace.
Tutto questo
rappresenta l’un per cento di ciò che si potrebbe inserire nei prossimi test di
ammissione all’Università, nella sezione «attualità e cultura generale».
Se avete letto
la presente, propongo un minuto di silenzio seguito da un’ultima preghiera
rivolta al futuro dei più giovani, ricchi ereditieri di questa società.
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