Recensione: Carlo
De Risio, L’oro dei sette mari. Con i “Cacciatori di tesori”:
ricerca, tecnica, avventura, storia, IBN
Editore, Roma 2015, pp. 146, € 14,00.
Caravelle, galere, galeoni, velieri, navi, transatlantici.
Col trascorrere delle epoche e delle tecniche mutano i nomi, ma non il
significato. Si tratta di imbarcazioni di grandezza variabile che hanno solcato
i mari del globo ed ora giacciono sui fondali del globo.
Basterebbe dare uno sguardo più attento ai capitoli di una
delle materie col minor indice di gradimento tra gli studenti, la storia, per
provare una scintilla. Impavidi equipaggi a bordo di antichi scafi hanno
affrontato l’ignoto dei mari per scoprire e conquistare nuove terre. Quante
flotte si sono avvicendate negli oceani, hanno coronato successi, sconfitto i
nemici o sono perite sotto i colpi di cannone. I mercanti di un altro periodo
storico trasportavano spezie, stoffe pregiate, monili e varie mercanzie
sospinti dalle onde e dal vento. Anche i bucanieri, i pirati, i balordi lupi di
mare rappresentavano un motivo di costante insidia per i navigatori.
Il principio di Archimede garantisce alle imbarcazioni di
galleggiare, ma l’imprevedibilità della natura ne annulla gli effetti. È così
che alcune navi sono affondate. Tempeste improvvise e violente o lo scontro con
gli iceberg… e perfino enormi natanti subiscono un naufragio. Si pensi al
transatlantico Titanic che fu dichiarato inaffondabile. Nel suo viaggio
inaugurale incrociò la rotta di un gigantesco blocco di ghiaccio che, distaccatosi
dal circolo polare artico, avrebbe terminato il suo itinerario nei pressi
dell’equatore, dissolvendosi.
Il fondo del mare è un mondo ancora inesplorato, custode di
informazioni geologiche e di tesori. Per secoli sa accogliere i relitti, gli
scheletri spettrali di navi che un tempo in assetto di navigazione, un miglio
nautico per volta, permettevano alla storia di scriversi. Quelle strutture
galleggianti hanno cambiato aspetto negli anni, costantemente sottoposte alle
correnti sottomarine, aggredite da ruggine, fango, detriti e alghe, ma ancora
conservano le loro ricchezze.
Negli ultimi decenni, il progresso dei mezzi di ricerca,
scandaglio e recupero ha esaudito il sogno di uomini dall’animo senza epoca, i
cacciatori di tesori. Oggi si possono esplorare i fondali alla ricerca dei
relitti di cui sono cosparsi. Le sonde raggiungono le elevate profondità
inaccessibili all’uomo e considerate irraggiungibili fino a qualche anno fa.
Sono mezzi all’avanguardia quelli che mandiamo negli abissi a recuperare
antichi e preziosissimi carichi. Monete e lingotti d’oro, barre d’argento,
perle, smeraldi e altri monili di valore riemergono dal buio dei fondali e la
stampa ne annuncia il lieto evento con grande enfasi. Ma è solo una minima
parte dei tesori che ancora giacciono nelle tranquille profondità abissali.
Pur non vivendo esperienze simili in diretta possiamo salire
a bordo di quest’opera e solcare insieme le pagine più emozionanti e pregne di
avventura dei nostri tempi.
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