È ora di
smetterla con le barzellette sui carabinieri: non sarebbe rispettoso dato che
alcuni di loro perdono la vita eroicamente. E ormai sono passate di moda anche
le barzellette che iniziano con «ci sono un italiano, un inglese e un
francese»: siamo sufficientemente globalizzati da aver raggiunto un buon
livello di maturità cosmopolita. Una nuova tipologia di «racconti da
ombrellone» (modo in cui mi piace definire le storie ridicole e contraddittorie
da narrare in spiaggia) può essere costituita da due coprotagonisti: l’esente e
l’evasore.
L’esente è
colui il quale si è dimostrato totalmente incapace di sedurre l’ipovedente
Fortuna. L’esente in genere coincide col disoccupato o con chi ha un reddito
basso. Viene apostrofato come «parassita dello Stato» poiché è a questa entità
giuridica che egli si rivolge per ottenere esenzioni in merito a tasse, visite
mediche, prescrizioni farmaceutiche. Ma tali agevolazioni richiedono la
pazienza dell’attesa, perché lunghe sono le code per ritirare attestazioni e
certificazioni del proprio precario stato economico.
Un personaggio
di grande interesse è l’evasore che spesso indossa la maschera dell’esente.
L’evasore non è povero (lo è nell’animo), ma ove possibile si crea sempre delle
circostanze per fare sue delle agevolazioni alleggerendo i già anoressici fondi
statali. L’evasore ha un credo secondo cui le tasse sono una punizione e le
bollette una tegola sulla testa. Girano per la città a bordo di auto di grossa
cilindrata e dichiarano meno del reddito effettivo. Forse sono deboli in
matematica. Ma paradossale sarebbe il caso di docenti che insegnano la storia
dei mass media o dell’evoluzione del giornalismo per poi violare
deliberatamente l’art. 27 della Legge n. 223 del 6 agosto 1990, anche nota come
Legge Mammì (Norme sul canone di abbonamento). Ne viene fuori una débâcle delle
materie umanistiche.
Passiamo al
francese: – Vous parlez français? – Non.
E allora? In
questa barzelletta moderna l’evasore e l’esente non si accompagnano al francese
perché quest’ultimo serviva solo a echeggiare le barzellette vecchio stampo.
Questa
tuttavia è una storia senza dimora cronologica come dimostrerebbe la
riesumazione del Catasto Onciario o Carolino, quel documento di natura fiscale
redatto tra il 1753 e il 1754 al fine di garantire un’equa ripartizione del
carico fiscale affinché «i pesi (tasse) siano con uguaglianza ripartiti, e che
il povero non sia caricato più delle sue deboli forze ed il ricco paghi secondo
i suoi averi». Le tasse gravarono ugualmente sugli umili ed i beni feudali
furono esentati.
Da “La
Gazzetta del Mezzogiorno”, 5 febbraio 2012, p. 12.
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