Esiste un’urgenza che è avvertita nel campo dell’istruzione
nel terzo millennio. L’allarme sociale è scattato in molti, anzi, troppi ambiti
uno dei quali riguarda la conservazione dei beni culturali. Se la storiografia
si è potuta espandere nel corso del tempo è merito degli Archivi e delle
Biblioteche custodi di un ampio repertorio di materiale storico che può fornire
agli studiosi uno spaccato delle epoche che furono, arricchendo sia gli studi
di macro che quelli di micro storia.
Il fronte della ricerca può vantare la presenza di una nuova
generazione di studiosi. Questi si recano nei luoghi della memoria in cerca di
antichi manoscritti che li condurranno a nuove scoperte o semplicemente al
ritrovamento di tasselli che ben si inseriscono nel panorama storiografico.
Sono ancora giovane, ma credo di poter affermare che non
esiste nulla di più entusiasmante degli scavi archivistici. Così come posso
sostenere che non v’è nulla di più esecrabile dei tagli attuati ai danni
dell’istruzione, della ricerca e della conservazione dei beni culturali.
I documenti che si possono reperire in archivio sono
riconducibili a numerose tipologie, ma tutti antichi e preziosi poiché
rappresentano le ultime tracce lasciateci dal passato. Mappe, cabrei,
pergamene, incunaboli, catasti, atti, manoscritti rari e in unica copia
costituiscono solo una parte del ricchissimo patrimonio culturale di cui il
nostro paese è custode. Si tratta di materiale risalente a secoli lontani, si
tratta di fonti scampate ad incendi, saccheggi e guerre. Hanno resistito allo
scorrere inesorabile del tempo e all’incuria di chi li ha custoditi in
precedenza. Oggi rischiano di scomparire per sempre a causa di decisioni
governative che operano dei tagli pesanti, minando così le risorse utili al
restauro di molti documenti deteriorati dal tempo, dall’umidità o dai tarli
della carta.
Questa realtà non può e non deve lasciarci imperturbati. È
ora che l’Italia si decida a bandire gli sprechi concreti, che acquisisca la virtù
della parsimonia e che non permetta alle fonti documentarie di sparire come se
si trattasse della visione spettrale di un ectoplasma. Preserviamo la nostra
memoria collettiva, ci occorre per mantenere integra la nostra identità sociale.
Da “La Gazzetta del Mezzogiorno”, 28 aprile 2016, p. 32.
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