È lecito
arrogarsi il diritto di tutelare la propria salute in prima persona.
Specialmente se demandare la questione a medici o farmacisti si rivela spesso
un’incerta lungaggine. Vorrei riferire i rari episodi di persone che hanno
contattato direttamente le case farmaceutiche o le aziende che producono
materiale sanitario. Pochi pazienti hanno seguito questa procedura per
comprendere a fondo la personale compatibilità con un determinato farmaco o con
la sperimentazione di un trattamento innovativo. Grazie alla rete, il più
democratico dei mezzi di comunicazione ed informazione, c’è la possibilità di
raccogliere informazioni su strumenti, trattamenti, composizione chimica dei
farmaci e sulle aziende stesse che si occupano della loro produzione e
commercializzazione. È semplice reperire i dati delle case farmaceutiche e non
è vietato che un comune cittadino instauri un contatto.
Ma le aziende
sembrano non apprezzare l’interessamento dei privati cittadini, nonché
potenziali fruitori di farmaci o trattamenti. Infatti finché il paziente non li
mette in riga, gli impiegati tendono a mostrarsi stizziti. 1) Sostengono che
solo il medico o il farmacista può avere l’ardire di contattarli e che il
comune paziente non dovrebbe impicciarsi. 2) Aggiungono che è molto strano che
un banalissimo cittadino sia così bene informato sui trattamenti usuali o
all’avanguardia e che padroneggi un gergo tecnico pur non esercitando una
professione in campo sanitario. 3) Chiedono, con stupore, come faccia una
persona comune (il tipico paziente meticoloso) a sapere così tante cose sui
loro prodotti se non è del settore. 4) Danno per scontato che chi si presenta
col titolo di dottore sia un medico o un farmacista. 5) Restano di stucco quando
scoprono che il dott. Rossi è solo un laureato, ma non in medicina o farmacia.
Ho elencato i cinque comportamenti assurdi analoghi alle cinque dita della
metaforica mano che può dare loro una sferzata decisiva. A questa gente si
risponde così: 1) il paziente non si impiccia d’altro che della propria salute;
medici o farmacisti se sprovvisti di informazioni non sono celeri o motivati nel
reperirle; 2) una persona colta padroneggia qualsiasi linguaggio e si mostra
sempre informata; 3) le ricerche in rete accrescono la conoscenza; 4) ogni
laureato ha il titolo di dottore, ma non è detto che sia un medico.
Concluderei
con una nuova massima: oh voi delle case farmaceutiche, siate umili con i
pazienti come fossero vostri capi, poiché essi (e non i medici o i farmacisti)
acquistano i vostri prodotti.
Da “La Gazzetta del Mezzogiorno”,
3 febbraio 2016, p. 16.
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