Mobbing,
mobber, mobbizzare non sono lemmi sportivi bensì indicatori di una purulenta
piaga sociale. Per dirla in termini da aperitivo è come shakerare energicamente
angherie, vessazioni, emarginazione, umiliazioni, ostracismi ed offrirli a una
sola persona. La strategia prevede che un gruppo di mobbers metta in atto
comportamenti molesti al fine di mobbizzare un individuo, il mobbed. Coniato
negli anni ’70 nell’ambito dell’etologia (ramo della psicologia che studia i
caratteri, ma anche scienza che studia il comportamento degli animali) il
termine si è trasferito dal regno animale a quello sociale come vuole la radice
«mob» che sta a indicare la folla in tumulto in senso spregiativo. Chi lo attua
ricerca il sostegno di altri individui affinché la violenza psicologica
perpetrata ai danni della vittima risulti prorompente. Coloro che prendono
l’iniziativa, mi piacerebbe dire che «non sanno quello che fanno», sono privi
di integrità morale e consci della propria staticità mentale tanto che negli
anni hanno affinato la malvagità. Questa è l’unica direzione verso cui sono
stati in grado di canalizzare le loro energie. Questa subdola pratica persecutoria
ha la funzione di indurre l’oppresso a rassegnare le dimissioni oppure
determinare nella stessa persona un calo della produttività tale per cui il
licenziamento sarà inevitabile. Le vittime hanno un bersaglio appeso al petto
perché creativi, capaci, onesti, diligenti. Nell’ambito della scuola avviene da
parte dei compagni o «dall’alto» se praticato da un insegnante mediante giudizi
ingiustificatamente negativi. Prego i lettori di non travisare queste ultime
parole. Si può praticare anche in famiglia nei casi di separazione quanto
vengono sabotati i rapporti generazionali. Il mobbing può causare seri problemi
di salute di natura psicosomatica, poiché incide sulla possibilità di
adattamento e sul livello di autostima. Lo stress aumenta e ci si sente isolati
e depressi. A questo stato d’animo si aggiunge una bassa resa professionale
(nei casi peggiori) o una demotivazione crescente. Chi soggiace a queste
violenze non riesce a fornirsi una spiegazione razionale e finisce col
convincersi di avere in sé qualcosa di errato. Non è così. Diventate guerrieri,
organizzatevi per resistere, non pensate nemmeno per un secondo di abbandonare
la scena o vi precluderete il momento del riscatto. Non cedete, non vi isolate,
anzi rinsaldate i rapporti umani con i vostri cari, ma non confidatevi troppo o
correrete il rischio di essere paragonati a dei paranoici e rimanere soli sul
serio.
Il più delle
volte i mobbers non sono altro che banali provocatori che vogliono indurvi a reazioni
incontrollate. La soluzione è mantenersi calmi e lucidi osservatori di una
situazione nella quale si può ricorrere a vie legali anche se in questo caso vi
si prospetteranno le famigerate lungaggini giuridiche.
Da “La Gazzetta del Mezzogiorno”,
22 aprile 2013, p. 14.
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