Nel regno
animale una specie viene dichiarata in via di estinzione quando decresce il
numero di femmine atte, per antonomasia e per biologia, alla riproduzione. Tra
gli umani la cosa viene data per scontata. La popolazione mondiale è aumentata,
ma non grazie al numero di bambini poiché ne nascono sempre meno. Vi è una
forte incidenza di anziani. E i giovani? Sono allergici ai «fiori d’arancio» ed
esperti nell’uso dei contraccettivi. Gli uomini hanno problemi alle giunture e
non riescono ad inginocchiarsi per chiedere la mano della loro fidanzata. A
dire il vero il celibato si configura come una scelta consapevole e non dettata
da un contesto sociale instabile che rende faticoso creare nuovi nuclei. Siamo
entrati nell’epoca dell’amore libero e del sesso facile in cui urge la
necessità di bruciare le tappe e vivere la vita nella dissolutezza più totale. Ricordate
il regime fascista? È oggetto di critiche, ma vanta anche dei pregi quali il
desiderio di ordine sociale ed un particolare riguardo verso il concetto di
famiglia. Essa rappresentava l’elemento fondamentale, subordinato ai valori
politici, per rafforzare il disegno totalitario, per creare una società
ordinata, per accrescere il numero di soldati, per raggiungere l’obiettivo di
grandezza nazionale. Ma qualcosa non andò come previsto: si registrò una
diminuzione della fecondità femminile proprio quando il regime fascista conduceva
una impetuosa propaganda demografica. Il consenso vacillava così come
l’accettazione di un modello intimo imposto dal regime. I motivi? Le dinamiche
spontanee non possono essere influenzate e la modernità incombeva. Fu così che
accanto alle blande misure per incentivare la natalità si accostò
prepotentemente la tassa sul celibato, un’imposta istituita nel 1927 e diretta
ai celibi tra i 25 e i 65 anni. Il tributo variava in base all’età e al
reddito.
[Il fascismo
ebbe un’idea innovativa mossa però da una motivazione sbagliata. Nell’Italia
contemporanea è desueta l’idea che la popolazione giovane costituisca una
risorsa e stranamente non si agisce affinché la gerontocrazia muti in
iuventucrazia (proporrei il neologismo per la prossima edizione dello
Zingarelli).] Una simile imposta scuoterebbe il paese alle fondamenta e credo
che lo risolleverebbe definitivamente dai debiti accumulati. Cosa ne pensate,
ne proponiamo l’introduzione?
Da “La Gazzetta del Mezzogiorno”,
6 agosto 2014, p. 16.
Nessun commento:
Posta un commento