Il
divario digitale produce nuovi emarginati
Siamo entrati
nell’era dell’evoluzione tecnologica con la rete internet che permette: l’accesso
a una vasta gamma di servizi complici dello sviluppo economico e della crescita
sociale; di costruire e mantenere i rapporti anche a distanza, si veda ad
esempio l’e-learning, la cui migliore traduzione è apprendimento a distanza (le
scuole si stanno connettendo ad internet e dotando di pc, anche se la
tecnologia non può prescindere dalla buona qualità degli insegnanti). Quando
parliamo di globalizzazione intendiamo l’espansione dei mercati unita alla
riduzione delle distanze, cosa garantita proprio dalla rete, dalla sua
comunicazione in tempo reale tra luoghi lontani e «senza ostacoli». La rete
consentirebbe una fatata vicinanza al futuro. Ma accanto alle numerose
opportunità ci sono altrettanti limiti. Manuel Castells, maggior sociologo del
web, è il teorico della «network society» il nuovo tipo di società su scala
globale in cui internet ha prodotto una mutazione antropologica poiché è la
trama delle nostre vite. Pare che la centralità di internet nella società sia
equivalente alla marginalità per coloro che non vi hanno accesso. Si tratta del
digital divide, quel divario
digitale che non accenna a diminuire. Spesso la tecnologia produce un
isolamento legato all’impossibilità di poter disporre degli stessi mezzi.
Sussiste una
divergenza nel cercare una definizione al concetto di divario digitale.
Riguarda la carenza di accesso alle tecnologie informatiche e di comunicazione
e la mancata fruizione dei servizi che queste consentono. Il termine è
solitamente usato per i Paesi in via di sviluppo dove effettivamente il divario
è marcato. Ma tale disuguaglianza tecnologica si avverte anche nelle nazioni
più evolute. Non solo un problema di copertura e connettività dunque, ma uno
sbarramento nella possibilità di fruire di testi, strumenti e saperi. È una
linea di demarcazione tra info-ricchi e info-poveri. Una connessione a
internet, per quanto ci ostiniamo a sostenerne la gratuità, è un servizio
oneroso; inoltre occorre una conoscenza dell’inglese e del computer, dotato di
programmi in evoluzione.
Fattori
reddituali, capacità di tenersi aggiornati ed elementi anagrafici non ci
permettono di seguire una tecnologia che procede inesorabile. Fanno eccezione i
«Silver surfer», un gruppo di assidui navigatori anziani che padroneggiano ed
utilizzano regolarmente internet.
Da “La Gazzetta del Mezzogiorno”,
16 novembre 2015, p. 12.
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