Recensione: Sergio Luzzatto
(a cura di), Prima lezione di metodo storico, Editori Laterza, Roma–Bari
2010, pp. 206.
La metodologia della ricerca
storica si fa carico delle domande sul modo di studiare e di raccontare la storia.
Marc Bloch avrebbe asserito la necessità che lo storico sia in grado di
rivolgersi con una semplicità da eletti sia ai dotti che ai meno eruditi. È in
effetti una sfida appassionante a patto che gli storici si impegnino a invitare
il pubblico all’interno della loro officina per illustrare concretamente come
se ne utilizzano gli strumenti.
L’autore premette la definizione
di fonte data da Tullio De Mauro: «spec. al plurale, i documenti scritti da cui
trarre dati e testimonianze per la ricostruzione di un determinato periodo
storico» e la giudica inadeguata perché le fonti dello storico non sono solo
scritte. Da tale assunto parte una serie di esemplificazioni volte
all’immersione nelle svariate tipologie di fonti. Un viaggio ambizioso dietro
le quinte della storia, anche se ancor più grande è l’obiettivo di rendere
pragmatico il terzo asse di orientamento dell’attività dello storico secondo Le
Goff: la possibilità di attuare una visione prospettica degli eventi
storico–sociali.
Nel saggio Il ronzino del
vescovo. Una fonte notarile, Barbero ci conduce nel 1211 rammentandoci di
quanto il caso sia stato favorevole a donarci questa fonte. Trattandosi di un
alterco tra il Vescovo di Ivrea e un suo dipendente, Bongiovanni, per le
prestazioni a cui quest’ultimo è obbligato in cambio delle terre che tiene in
feudo dalla Chiesa, il documento venne conservato nell’Archivio della Chiesa
d’Ivrea perché fu il vescovo a vincere la causa. Se l’avesse persa, solo
Bongiovanni e i suoi eredi avrebbero avuto interesse a conservare la
documentazione che probabilmente sarebbe andata persa. Il fulcro della vicenda
è lo status sociale di Bongiovanni con la pretesa di essere un nobile e non un
villano. L’attenzione è posta su un fatto quotidiano che in realtà può svelarci
il funzionamento concreto della società medievale nelle relazioni economiche e
nei rapporti di potere in un’Italia e in un’epoca in cui essere nobili non era
una condizione giuridica precisa e indiscutibile.
In Storie di fantasmi,
progetti di crociata. Una fonte epistolare, Niccoli analizza una pratica
sociale frequente: quello dell’epistola di tipo pubblico nella quale si
ripropongono elementi appartenenti alla mitologia germanica come il mito
dell’esercito furioso guidato dal dio Wotan. Il luogo delle apparizioni
descritte esiste realmente, ma all’intera lettera si attribuì valore profetico
tanto da indire una crociata contro i Turchi. Il contributo mostra la
fuoriuscita della notizia dagli spazi geografici unita ad un’attualizzazione
del mito.
Levi tenta di ricostruire i
consumi del passato in Il consumo a Venezia. Una fonte contabile.
L’autore svela una carenza degli inventari post mortem che delineano una continuità
possessoria familiare, mentre una lettura attenta dei libri della spesa permette
che si evincano le regole condivise di economia domestica. Eppure la relazione
consumo–reddito non è sufficiente a spiegarci i comportamenti dei consumatori se
non si esaminano i comportamenti disaggregati del consumo in epoche
precontemporanee.
Si è soliti sostenere che anche i falsi costituiscano la storia. La storia può reggersi per secoli su un falso e
quest’ultimo viene opportunamente impiegato come fonte. È il caso sollevato da
Bizzocchi in Certezze granitiche. Una fonte epigrafica. Una raccolta di
iscrizioni latine giudicata irrinunciabile avrebbe invece inglobato un marmo
falso, un’iscrizione sepolcrale anacronistica.
Roscioni si occupa di L’omicidio
funesto del principe Savelli. Una fonte cronachistica alla scoperta
dell’interesse di alcuni scrittori verso le collezioni di antichi manoscritti
relativi a omicidi, avvelenamenti e intrighi riguardanti le più importanti
famiglie aristocratiche romane. Avvincente quanto ermetica è la descrizione
dell’omicidio di un giovane rampollo dell’antica famiglia romana dei Savelli. Nella
vicenda si alternano nomi come Papa Paolo III, Margherita d’Austria, figlia
dell’imperatore Carlo V e luoghi come il manicomio «pazzarelli» di Roma. Documentazioni
lacunose, mancanza di riscontri oggettivi, dati biografici e cronologici
inducono a dubitare sul corso degli eventi al punto che la cronaca dei fatti
sfugge a una ricostruzione certa.
Lupo compone Fare un monumento
di se stesso. Una fonte oratoria analizzando fonti dirette in merito a ciò
che la politica dice di se stessa e del modo in cui si presenta al pubblico.
L’oggetto dello studio è costituito dai discorsi di Francesco Crispi
pronunciati in pubbliche riunioni tra il 1881 e il 1884. Il protagonista,
considerato in possesso di tutte le virtù del leader carismatico, rivolgendosi
ai cittadini che l’hanno rieletto alla Camera, raffigura sempre se stesso a
cavallo tra passato e presente. Come uomo di partito e uomo di nazione. Celebra
i propri successi e persino le sconfitte del passato perché vuole presentarsi
all’insegna della coerenza.
L’uomo col dito puntato. Una
fonte iconografica elaborato da Gibelli affronta la tematica delle fonti
figurative, le stesse che ci mettono in contatto con le opere prodotte
dall’uomo con intento artistico: figurativo, ma anche letterario e teatrale. Sono
linguaggi diversi tra loro, con un elemento comune: essere il frutto
dell’invenzione creativa. Quando si affronta uno studio servendosi di materiale
iconografico, è fondamentale individuarne la collocazione nel tempo, nel
contesto e le finalità originarie. Qui si colloca il fulcro della questione
poiché Gibelli passa in rassegna ben tredici manifesti con caratteristiche
simili, ma ubicati in periodi storici e paesi differenti. L’obiettivo è di
individuare le architetture di sfondo che inglobano i singoli avvenimenti.
Quello del “dito puntato” è un simbolo utilizzato anche diversi anni dopo
l’impiego originario, pertanto subentra l’elemento del pregiudizio ottico,
ossia quel motore insito nell’artista, il quale non agisce senza una tradizione
e dei modelli già osservati a livello conscio o inconscio.
Nel saggio «Cara Kitty». Una
fonte diaristica il curatore del testo focalizza l’attenzione su uno dei
documenti più importanti della seconda guerra mondiale la cui attendibilità è
stata messa in dubbio dal diffondersi della tesi complottista. Dubitare della
veridicità dei contenuti del diario di Anne Frank vorrebbe dire negare l’esistenza
delle camere a gas di Auschwitz e dichiarare falsa la Shoah. La discussione
metodologica è animata dato che, pur derivando da un documento autentico, il
diario di Anne, a partire dai manoscritti originali presenta numerose
differenze di traduzione, di edizione e anche il ruolo di Otto Frank pare sia
stato cruciale. Il testo originale è stato manipolato, ma si tratterebbe di un
falso per interpolazione che per sua natura prevede un rimaneggiamento di carte
autentiche mantenendo uno sfondo veritiero.
Il figlio dell’eroe. Una fonte
orale di Cesellato prende in esame la testimonianza dell’esponente di
ultima generazione Cervi, simboli della Resistenza italiana. È impossibile
schivare il monito di Luzzatto nella premessa, quando sostiene la gravità
metodica del confondere la memoria con la storia; il testimone di determinati
eventi per un interprete attendibile dei medesimi eventi. La verità non viene
stabilita dai ricordi di un individuo piuttosto che dal giornalista che ha
scritto una biografia. Le fonti andrebbero intrecciate per garantire coerenza
agli avvenimenti.
Gotor mostra una sorprendente
evoluzione storica in L’isola di Wikipedia. Una fonte elettronica.
Partendo dall’enciclopedia di
Diderot e d’Alembert si giunge al libro postumo Lezioni americane, nel
cui quinto capitolo Calvino si dedicò alla categoria della molteplicità. Emerse
l’idea di una enciclopedia aperta, aggettivo in contraddizione con il
sostantivo enciclopedia, nato etimologicamente dalla pretesa di esaurire la
conoscenza del mondo circoscrivendola. In realtà si stava già prefigurando
l’idea di enciclopedia aperta, cumulativa e collaborativa che sarebbe stata
Wikipedia a partire dal 2001. Nel ’38 lo scrittore di fantascienza Herbert
George Wells anticipò un simile progetto quando scrisse nel saggio World
Brain: «è probabile che l’idea di enciclopedia subisca un’evoluzione
considerevole della sua estensione ed elaborazione. Probabile è lo sviluppo di
un nuovo organo mondiale capace di riunire, indicizzare, riassumere e rendere
disponibili le conoscenze. Un tale organo sarà più efficace delle note a piè di
pagina».
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