Occhiali
da (s)vista. Quando la svista è nella lingua
Numerosi
reclami mi inducono ad aggiungere alle tre armi della scherma una quarta:
fioretto, spada, sciabola e … penna. Quotidianamente compiamo un gesto usuale come
quello di inforcare gli occhiali, dando per scontata la grande scoperta del
passato. Tra le grandi invenzioni infatti si annovera quella delle lenti
bifocali da parte di Benjamin Franklin nel 1752. Ma dopo alcuni secoli c’è
ancora qualche problema.
Non sempre i
disturbi di vista necessitano di cure ambulatoriali. Spesso, in particolare di
recente, è opportuno rivedere un manuale di lingua italiana. Se c’è un settore
che non conosce la recessione economica, si tratta dell’“ufficio reclami”,
l’unico posto in cui non ci si sente mai soli e che raccoglie svariate storie
di vita. Vediamone una. Alcuni amici con problemi di presbiopia hanno trascorso
un pomeriggio in un negozio di ottica per risolverli. Il dì seguente
sfoggiavano nuovi occhiali e … la vecchia vista. “Mettiamo a fuoco” i dettagli: avevano bisogno di lenti
progressive, dette anche multifocali, descritte come il risultato dell’alta
tecnologia applicata all’oftalmologia. Infatti consentono di vederci
nitidamente a qualunque distanza. Ma quando la tecnologia procede, l’italiano
rimane diverse “diottrie”
indietro. Gli ottici hanno posto una domanda: «occhiali da lettura?», ed i
pazienti hanno annuito ignari della
differenza tra “occhiali da lettura”
e “occhiali da ufficio”, differenza che viene data per ovvia. I primi servono a
chi si dedica alla lettura ad una distanza fissa, mentre il secondo tipo
prevede sia una distanza ravvicinata che una intermedia, ed è indicato per chi
utilizza il computer. Per spiegarlo in termini ancor più familiari: anche una
casalinga ha diritto a richiedere degli occhiali da ufficio. Abbiamo dunque
diagnosticato un errore di lingua italiana. Tuttavia ho invitato i miei amici a
non scoraggiarsi e a tornare dal loro ottico per sostituire gli “occhiali da
svista” con un paio di occhiali da vista.
Per il futuro?
Sarà meglio che interroghino a lungo il loro ottico di fiducia prima di
effettuare l’acquisto. Anche se l’esperienza personale è preziosa, i miei amici
sventurati sono altruisti e vorrebbero invitare all’attenzione quanti, come
loro, si accingono ad acquistare lenti correttive.
Gli ipovedenti
non sono gli unici destinatari della lettera. La presente indurrà a riflettere
coloro i quali ben ci vedono, ma non si fermano mai a pensare che gran dono sia
una vista perfetta.
Da “La
Gazzetta del Mezzogiorno”, 27 novembre 2012, p. 24.
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