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mercoledì 1 ottobre 2014

Frammenti di storia monopolitana

     È stato esaudito il nostro ancestrale desiderio di spostarci a ritroso nel tempo per poter rivivere le vicende di ambienti ormai eclissati da una feroce urbanizzazione.
     L’autore infonde nelle sue opere un peculiare amore verso la città che gli ha dato i natali. Vincenzo Saponaro è il discendente di un’antica famiglia di artigiani delle costruzioni navali, i “Maestri d’Ascia”.
     Le sue opere trovano ingenti quantità di propellente in un aforisma di Cicerone: «Non sapere cosa è avvenuto prima di noi è come restare sempre bambini». L’infanzia è la parola chiave, il periodo cruciale nel quale si creano le fondamenta degli uomini di domani. È il periodo della vita nel quale nascono e si consolidano le tradizioni orali familiari. Lo afferma anche il prefatore Achille Chillà, secondo il quale è probabile che l’autore sia stato spinto dal ricordo delle narrazioni dei suoi nonni, un ricordo vivo nel suo cuore, un cuore grande e denso di altruismo perché ora che ha raggiunto una veneranda età si è reso nonno di tutti noi tramandandoci le sue storie attraverso “il libro”. Anch’esso rappresenta l’elemento cardine di una tradizione che non è destinata a tramontare, nemmeno all’alba dell’era digitale, dalla quale anzi ha ottenuto nuova linfa.
     Vincenzo Saponaro è un uomo umile e per questo non presenta la sua opera con appellativi enfatici bensì come una semplice, ma necessaria “testimonianza”.
     La storia di una città non è che un mosaico composto da tessere di varia natura corrispondenti alle sfumature che la stessa storia ci dona, quasi fosse un caleidoscopio che fa emergere in noi l’entusiasmo sempre presente in un infante.
     Nel testo si susseguono avvenimenti storici impreziositi dall’essere stati vissuti in maniera diretta dall’autore, ma l’opera condensa anche un insieme immagini, mappe e cartine ricostruite dalla pazienza e dall’abilità manuale di Vincenzo Saponaro. Le illustrazioni sono numerose e si alternano a fonti iconografiche, le fotografie d’epoca che conferiscono eloquenza ad ogni singola pagina. È un viaggio avvincente che ci conduce attraverso i secoli, dal xi al xx secolo. Merita la nostra attenzione anche la preghiera del marinaio a pagina 154.
     Al termine dell’opera vi è una rassegna di adagi popolari tradotti in dialetto monopolitano. Con l’impegno di tutti dovremmo fare in modo che «N’isciune e carne, rummenne alla vuccerè», ossia «Nessuna carne resta in mecelleria». Ora trasponiamone il senso: nessun libro resti in libreria. 
     Autore Vincenzo Saponaro, Frammenti di storia monopolitana, Arti Grafiche Favia, Bari 2012, pp. 221, € 22.

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