È stato esaudito il nostro ancestrale desiderio di spostarci
a ritroso nel tempo per poter rivivere le vicende di ambienti ormai eclissati
da una feroce urbanizzazione.
L’autore infonde nelle sue opere un peculiare amore verso la
città che gli ha dato i natali. Vincenzo Saponaro è il discendente di un’antica
famiglia di artigiani delle costruzioni navali, i “Maestri d’Ascia”.
Le sue opere trovano ingenti quantità di propellente in un
aforisma di Cicerone: «Non sapere cosa è avvenuto prima di noi è come restare
sempre bambini». L’infanzia è la parola chiave, il periodo cruciale nel quale
si creano le fondamenta degli uomini di domani. È il periodo della vita nel
quale nascono e si consolidano le tradizioni orali familiari. Lo afferma anche
il prefatore Achille Chillà, secondo il quale è probabile che l’autore sia
stato spinto dal ricordo delle narrazioni dei suoi nonni, un ricordo vivo nel
suo cuore, un cuore grande e denso di altruismo perché ora che ha raggiunto una
veneranda età si è reso nonno di tutti noi tramandandoci le sue storie
attraverso “il libro”. Anch’esso rappresenta l’elemento cardine di una
tradizione che non è destinata a tramontare, nemmeno all’alba dell’era
digitale, dalla quale anzi ha ottenuto nuova linfa.
Vincenzo Saponaro è un uomo umile e per questo non presenta
la sua opera con appellativi enfatici bensì come una semplice, ma necessaria
“testimonianza”.
La storia di una città non è che un mosaico composto da
tessere di varia natura corrispondenti alle sfumature che la stessa storia ci
dona, quasi fosse un caleidoscopio che fa emergere in noi l’entusiasmo sempre
presente in un infante.
Nel testo si susseguono avvenimenti storici impreziositi
dall’essere stati vissuti in maniera diretta dall’autore, ma l’opera condensa
anche un insieme immagini, mappe e cartine ricostruite dalla pazienza e
dall’abilità manuale di Vincenzo Saponaro. Le illustrazioni sono numerose e si
alternano a fonti iconografiche, le fotografie d’epoca che conferiscono
eloquenza ad ogni singola pagina. È un viaggio avvincente che ci conduce
attraverso i secoli, dal xi al xx secolo. Merita la nostra attenzione
anche la preghiera del marinaio a pagina 154.
Al termine dell’opera vi è una rassegna di adagi popolari
tradotti in dialetto monopolitano. Con l’impegno di tutti dovremmo fare in modo
che «N’isciune e carne, rummenne alla vuccerè», ossia «Nessuna carne resta in
mecelleria». Ora trasponiamone il senso: nessun libro resti in libreria.
Autore Vincenzo Saponaro, Frammenti di storia monopolitana, Arti Grafiche Favia, Bari 2012,
pp. 221, € 22.
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