Federico Rampini, San Francisco–Milano. Un italiano nell’altra
America, Editori Laterza,
Roma–Bari 2013, pp. 182, euro
7,90.
Federico Rampini ci propone un interessante viaggio alla
scoperta dell’universo californiano e della caleidoscopica società di San
Francisco. Un avvertimento è d’obbligo: non si dovrebbe intraprendere questa
lettura se già si nutre un forte sentimento verso la città e al momento è
utopico recarvisi, poiché si tratta della narrazione di un ricordo che ha
generato una nostalgia inestirpabile. Viene descritto un centro cittadino che
appare immerso nell’incanto del vivere civilmente. Perfino quando l’autore
cerca di enucleare i «difetti» della città californiana, produce l’effetto
contrario, accrescendo e rinnovando l’ammirazione verso di essa.
L’autore attraversa trasversalmente la storia e gli eventi
che hanno coinvolto la società di San Francisco che deve il suo vigore
all’apporto offerto dal fenomeno migratorio che ha incontrato nella comunità
locale un’accoglienza protesa all’inserimento millimetrico di numerose etnie.
Rampini, quasi in forma diaristica, rammenta gli anni del
suo soggiorno nella baia per motivi professionali. La regola aurea che traspare
dal racconto riguarda l’integrazione, ovvero l’inserimento attivo degli
stranieri in ogni ambito sociale e con probabilità di carriera. Ad esempio a
destare uno stupore positivo è l’episodio dell’esame per ottenere la Green
Card, il permesso di residenza permanente, unico preludio per ricevere la
cittadinanza americana: è stato condotto da un cinese. È anche il caso di
annoverare la composizione delle pattuglie di polizia: multietniche proprio
come la società in cui prestano servizio.
In questo lembo di terra a ovest degli States, la concezione
di immigrazione non volge verso la repulsione, bensì verso l’integrazione e la
profusione del rispetto di regole comuni, unica chance di osservare buon senso
e senso civico che a San Francisco rappresentano la norma.
Si è venuta a creare una società caratterizzata da una
mescolanza di etnie che non presenta cenni di devianza. L’ingrediente segreto è
l’organizzazione ponderata al punto da concedere a tutti i cittadini
un’occupazione, un ruolo e trasmettere un messaggio di eguaglianza senza ombra
di discriminazione come dimostra il reclutamento delle forze dell’ordine.
La logica del sistema che sostiene un territorio scosso solo
dai terremoti è orientata all’applicazione della formula «tolleranza zero»,
progenitrice diretta di ordine e disciplina.
Quel piccolo angolo di paradiso parzialmente contaminato che
si affaccia sull’oceano Pacifico affascina da tempo senza riserve. Se poi si
ricerca il paragone con l’Italia, San Francisco diviene regina incontrastata di
ogni classifica immaginabile. Se in Italia la legge antifumo viene
costantemente violata o aggirata, dall’altro capo del globo viene rispettata in
pieno. Non vale però la medesima regola per l’uso di droghe leggere, che anzi
circolano con facilità. Non a caso Eldorado è un paese leggendario.
A tratti sembra che l’autore illustri un mondo parallelo in
cui il calcio, fin dall’infanzia, viene giocato con estremo riguardo nei
confronti di compagni, avversari, allenatori ed arbitri. È sui campi da gioco
che ci si allena alla vita. Dal campo alla strada nulla varia: alla severità
dei controlli si unisce un’assidua autodisciplina. La congestione del traffico
viene evitata anche negli orari di arrivo/uscita degli allievi dalle scuole,
sia pubbliche che private.
L’educazione e l’osservanza dei codici di comportamento
istituzionali e civili genera un effetto endemico (un giorno sarebbe
entusiasmante poter dire epidemico perché implicherebbe il superamento dei
confini geografici californiani) poiché ogni fascia della popolazione emula
comportamenti corretti.
La criminalità è in calo e non si verificano concentrazioni
della stessa in determinate zone del centro cittadino come accade invece nelle
stazioni italiane.
Anche il Dottorato nella prestigiosa Università di Stanford
ha connotati colmi di speme: i giovani studiosi lavorano fianco a fianco e
vivono il dottorato come missione e mai come ripiego.
Solari sono le pennellate con le quali si delinea una città
sicura nella quale il conformismo sano è un valore ferreo. Anche senza il
deterrente di multe e sanzioni, chi porta a spasso i cani è sempre munito di
guinzaglio e paletta per la raccolta delle deiezioni. Si direbbe che non ci
sono cani a San Francisco dato che non v’è traccia alcuna del loro passaggio sui
marciapiedi, nelle aiuole e nei parchi. Non esiste quadrupede che mostri
aggressività perché i migliori amici dell’uomo frequentano scuole di
addestramento.
Tra i cospicui temi lambiti non si riscontra però quello della
ricerca di un lavoro. Probabilmente perché l’autore in possesso di un impiego
non ha osservato la situazione lavorativa del luogo. Tuttavia l’aver ribadito
l’assunto secondo il quale San Francisco sia l’esemplare perfetto di società
aperta, multietnica e convergente verso l’obiettivo di integrare gli immigrati,
dovrebbe implicitamente fornirci l’indicazione non palesemente espressa.
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