Non
molto tempo fa l’individuo appartenente ad un paese sviluppato era consapevole
di una cosa: vivere in una società basata sull’idea di solidarietà ed
assistenza, una società capace di offrire l’opportunità di un’ascesa economica
pari o superiore a quella dei propri genitori. L’accesso al mondo del lavoro
era meno osteggiato rispetto ad oggi, ma ugualmente impegnativo. Si lavorava
sodo e si tornava a casa stanchi ma capaci di apprezzare anche le piccole cose
della vita quotidiana. Poi qualcosa è cambiato. È ormai tramontata l’idea
onirica che credere in sé ed impegnarsi consentissero di raggiungere i
traguardi ambiti. Oggi al giovane che varca la soglia universitaria in uscita
non vengono fatte promesse né incoraggiamenti, bensì gli si rivolge un invito
ad essere flessibile e competitivo. Bisogna essere capaci di aggiornarsi costantemente
e maturare idee inedite, anche se tale suggerimento omette di calcolare i
fisiologici limiti umani. Inoltre si viene spronati ad un allontanamento, non
esattamente volontario, dalla propria terra d’origine.
Perché
rassegnarsi alla «fuga dei cervelli»? Allontanarsi da casa, dalla propria città
Natale, dai propri affetti, alla ricerca dell’affermazione personale,
dimenticando che è in gioco la propria identità, legata appunto alle radici.
Perfino lo sport ci insegna che una squadra che gioca in casa è più forte.
Sulla questione dell’“esilio giovanile” sono duplicemente schierata.
Da
un lato ne condivido i probabili spunti che, se acquisiti all’estero e
sviluppati in patria, determinerebbero nuove opportunità di sviluppo per il
paese. A tal proposito ricordo la storia di Giovan Battista Pirelli: figlio di
un tipografo, ottenne una borsa di studio per recarsi in Francia per sei mesi
nella Michelin, dove studiò l’evoluzione della gomma. Tornò con una borsa di
appunti sull’industria della gomma e nel 1872, con l’ausilio di investimenti
bancari, sorse l’industria Pirelli.
Dall’altro
lato, esorto i lettori a lottare incessantemente per realizzare ciò che per
loro ha realmente valore. Credete in voi stessi, siate audaci, coraggiosi, non
datevi mai per vinti. Fate in modo che l'osservazione non si riduca a
rassegnazione, ma alimenti il vostro spirito critico. Confrontatevi con
interlocutori che hanno al loro attivo letture, titoli ed esperienze di vita e
di lavoro, e scoprirete, col tempo, che qualcosa vi rende inattaccabili: la
vostra irriducibile grinta.
Da
“La Gazzetta del Mezzogiorno”, 30 dicembre 2010, p. 42.
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