Esattamente
due minuti prima dell’inizio ufficiale, Mario Monti recita il discorso
d’inaugurazione della 76esima edizione della Fiera del Levante. La peculiarità
della cerimonia induce a riflettere.
Avete
mai desiderato di poter esercitare il controllo sul tempo? Pensateci bene, è
possibile e lo facciamo già. E non mi riferisco alla fotografia o al cinema che
ci consentono di viaggiare avanti e indietro nel tempo rievocando ricordi e
scenari di altre epoche. Punto il dito verso il nostro modo di gestire le
situazioni quotidiane. Quando chiedo cinque minuti di tempo, non si verificherà
mai una contrazione, bensì una dilatazione del tempo stesso che divergerà da
quello richiesto. Pensiamo ora agli uffici pubblici: letale, per i dipendenti,
sarebbe se aprissero con un leggero anticipo con lo scopo di smaltire una fila
più che compatta, è più probabile che gli sportelli disegnino un arco di
circonferenza, aprendosi, ma sempre in ritardo. Teletrasportiamoci con
l’immaginazione ad un convegno. Inizio ore 9.00 sulla locandina, inizio
effettivo ore 10.00, sul fuso orario di un’altra città europea. Il colpo di
scena viene verso la metà del convegno, dopo che i relatori si sono ampiamente
lamentati del ritardo, perché ad un certo punto occorre una piccola pausa a rinvigorire
l’attenzione. Si propongono 10 minuti e ne trascorrono 30. Gli uditori, tra le
onde del pubblico si accorgono della distorsione temporale, ma non emettono un
fiato. Il termine previsto era fissato per le ore 13.00, quando ormai non si
pensa ad altro che alla pietanza in tavola, ma è qui che, usiamo un gergo
tecnico, si sfora.
Einstein
sosteneva che il tempo scorresse in maniera soggettiva, intendendo dire che è
la nostra percezione dello scorrere del tempo che varia a seconda che
l’attività svolta sia più o meno piacevole. Nell’arcipelago de “L’isola di
Arturo” sembra quasi che il tempo si sia fermato per la minuzia di particolari
impiegata da Elsa Morante nelle descrizioni. Uno dei sonetti del Canzoniere di
Petrarca si apre con «La vita fugge e non s’arresta un’ora». Vita e tempo
possono equipararsi. Vita e tempo fluiscono inesorabilmente, per questo è in
quell’attimo fuggente che dovremmo sforzarci di incastonare le gioie della
vita. Propongo Quinto Orazio Flacco per il gran finale: «Mentre parliamo, il
tempo invidioso sarà fuggito. Carpe diem (cogli l’attimo), e del domani fidati
il meno che puoi» (Odi, I, 11). Meditiamo su queste parole che al fluire del
tempo tiranno hanno resistito e impieghiamo le nostre energie in un esercizio:
fare in modo che mai un minuto della nostra quotidianità vada sprecato. È una
questione di lancette.
Da
“La Gazzetta del Mezzogiorno”, 17 settembre 2012, pag. 18.
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