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domenica 5 ottobre 2014

Morire in spiaggia in un mare di indifferenza

     Il genere horror, editoriale e cinematografico, nasce con l’obiettivo di sdrammatizzare la paura della morte perché essa è il solo elemento sul quale non possiamo esercitare alcun controllo. È inevitabile. È l’unico appuntamento che non potremmo mai disertare. Inoltre ci rende uguali e umili. Ma recenti fatti di cronaca dimostrano che l’abbiamo sdrammatizzata eccessivamente.
Può capitare di essere colti da malore improvviso al mare, in acqua, e di lasciarci le penne. La corrente o un bagnante riporta il corpo a riva. Si avvisano le forze dell’ordine e sulla salma si posa un telo bianco. Cosa accade intorno? Quello che non ci si aspetta. La stampa riporta tragedie (annegamenti) avvenuti in luoghi diversi, ma che presentano il medesimo scenario post mortem: i bagnanti hanno continuato a prendere il sole, giocare sulla sabbia, fare il bagno, giocare a palla o con i racchettoni… hanno continuato a vivere e a gioire a pochi metri da quei corpi coperti da un lenzuolo. È tutto regolare: un corpo senza vita giace sul bagnasciuga e la cosa non turba e non suscita altro sentimento che l’indifferenza, talvolta accompagnata al desiderio di scattare qualche macabra fotografia. Non il silenzio o il raccoglimento, ma tuffi, risate ed il solito vociare equoreo, perché un cadavere in spiaggia è un evento ininfluente. Si tratta forse di horror vacui? In fisica questa locuzione latina indica che la natura ha l’orrore del vuoto e perciò lo riempie costantemente (in realtà l’esperimento di Torricelli sfatò la teoria aristotelica). Forse noi, come la natura vogliamo sopperire al vuoto della fine di un’esistenza? No, non siamo così profondi, almeno non più profondi di una pozzanghera.
L’indifferenza generale è stata stroncata solo dopo l’esortazione da parte dei membri del soccorso pubblico e della difesa civile ad assumere un comportamento dignitoso.
Perché tutto questo dovrebbe tangerci? Forse è un modo per soffermarci a riflettere su un fenomeno che ha già prodotto in noi assuefazione. Ogni giorno svolgiamo le più disparate attività camminando (qui sarebbe meglio il termine ambivalente “errando”) tra una lunga serie di valori ormai defunti ed imputriditi. E di fronte a questo scenario di morte siamo e restiamo indifferenti.

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