Ecco il testo dell’attesissimo discorso
finale…
Sono tornata
nella mia vecchia scuola media in veste di insegnante. Il raro verificarsi di
questa circostanza ha la capacità di far curvare la linea temporale in modo che
passato e presente si accostino. Dei miei insegnanti non è rimasto quasi
nessuno, tra pensionamenti e trasferimenti. Ed è un tale peccato, sarebbero
stati orgogliosi di vedermi lì. Tuttavia ne ho incontrati alcuni che ora mi
concedono di dar loro del tu. Questa concessione mi riempie d’orgoglio, ma non
mi basta. La nuova curva temporale fa affiorare alla mia mente numerosi
ricordi. Sarebbe piacevole ritornare indietro nel tempo quando da alunni
respiravamo tutta un’altra aria – senza polveri sottili – e non ci rendevamo
conto di recarci ogni giorno in un luogo accogliente che avremmo potuto
chiamare casa. Ma i viaggi nel tempo non sono possibili. Più probabile sarebbe
riunire il corpo docente del triennio scolastico 1998-2001 per conferire alla
scuola l’aura di un’altra epoca, quella in cui i miei compagni ed io ci
trovavamo a pensare e a parlare dei nostri docenti come fossero vip che
popolano le pagine delle riviste mondane. Di certo allora non c’era la
tecnologia a distrarci e potevamo tessere rapporti più intensi. Sarebbe bello
riportarli almeno per un giorno tra quei corridoi, in quelle aule. Ma loro
acconsentirebbero? Potrebbero declinare l’invito per il timore di provare
un’emozione troppo forte, una di quelle che fa scendere lacrime torrentizie.
Quando
concludemmo il percorso i professori ci fecero promettere che, anche se
avessimo rimpianto quel periodo trascorso insieme, avremmo dovuto guardare solo
avanti senza mai volgere lo sguardo indietro. Io non l’ho fatto, ho infranto il
patto e queste righe ne sono la testimonianza. Ma che male c’è ad incamminarsi
sul viale dei ricordi se facendolo non si perde di vista il presente? Mi
soffermo a riflettere e mi chiedo se quei proff. siano stati davvero così
speciali oppure ero io a vivere le mie esperienze con una profondità d’animo fuori
dall’ordinario? Chissà. Una volta frequentavo la scuola media Santomauro, oggi
ci insegno. Mi sono insinuata nel corpo docente a mio modo perché è più facile
chiedere scusa che chiedere il permesso. Oggi sono una delle prof. ed anche se
non calchiamo i palchi dell’Ariston e non cantiamo al Super Bowl cerchiamo di
lasciare un segno indelebile che si imprima nelle menti degli alunni. Io ci
provo e spero tanto che gli allievi si rendano conto del tempo prezioso che
stanno vivendo e che lo rammentino da adulti. Sono tornata nella scuola che
frequentavo da ragazzina, rivivo il passato e tento di donare ai miei studenti
un pizzico della magia che mi trovo a rimembrare.
Silvana
Calabrese
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