Ecco
come demolire una ricorrenza nazionale
Leggo una
pagina di televideo, la 129 per l’esattezza, intitolata «Festa Unità, presidi
contro Gelmini». La lettura del testo mi ha sconcertata: «Niente lezioni il 17
marzo per il centocinquantesimo anniversario dell’Unità d’Italia.
L’associazione nazionale dei presidi risponde così al ministro dell’Istruzione
Gelmini che invece vorrebbe le scuole aperte. Mi pare importante sottolineare
la ricorrenza con una vacanza scolastica – dice il presidente dell’Anp Rembado.
E intanto la polemica sul centocinquantesimo dell’Unità continua a scuotere la
maggioranza…».
[La
sottoscritta non si riveste certo della stessa autorità di un membro
dell’associazione nazionale dei presidi, lascerò che sia il rettilineo della
logica ad emanare autorità.] Provate a immaginare come sarebbe la giornata di
uno studente, anzi, non ragioniamo per astrazione, consideriamo la data del 2
giugno. È festiva, è la festa della Repubblica, ma se interrogati i ragazzi
faranno confusione sull’evento: si votò per la forma istituzionale e la forma
repubblicana ottenne il 54% dei voti prevalentemente dal nord perché il sud, condizionato
dal clientelismo, affidò il proprio voto alla monarchia. Il 2 giugno 1946 è
anche la data in cui per la prima volta viene concesso il voto alle donne
(suffragio universale). L’Assemblea Costituente si impegnò nella redazione
della Costituzione che entrò in vigore l’1 gennaio 1948, prima di allora vigeva
lo Statuto Albertino.
Il 17 marzo
1861 si giunse all’Unità d’Italia e Vittorio Emanuele II ne fu re. Ma
l’unificazione non era ancora completa: il Veneto non era ancora annesso
all’Italia, e nemmeno Roma (si dovette attendere la Breccia di Porta Pia,
1870). Quella che oggi chiamiamo capitale d’Italia è la terza lungo la linea
temporale: Torino era l’antica capitale, poi Firenze e infine Roma.
Quella
dell’Unità d’Italia è una conquista collocata in una data di cui ricorre
l’anniversario, ma preceduta da numerosi avvenimenti storici. Quella giornata
di lezione potrebbe essere utile a comprenderla, una giornata di vacanza
contribuirebbe solo a depauperare il bagaglio conoscitivo degli studenti.
Stiamo forse
cercando di sminuire la storia del nostro Paese?
Da “La
Gazzetta del Mezzogiorno”, 18 febbraio 2011, p. 22.
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